IN UN ALTRO TEMPO IN UN ALTRO SPAZIO
Innuendo

di Domy

 


- Quali pensi che siano le nostre possibilità di successo, se li attacchiamo? –
Joe fece questa domanda guardandolo in faccia. Il sole di quella giornata che scintillava allegramente sul mare mal si accordava a quel discorso. Bretagna si limitò a far dondolare pigramente la tazza del caffè nel vuoto sotto la veranda, mentre sul viso gli si dipingeva un’espressione malinconica.
– Non saprei…dovrei rifletterci…- rispose infine. Joe sembrò percepire i pensieri dell’altro.
- Scusa. Mi rendo conto che non ti vada di parlarne…sono successe troppe cose ed è solo da poco tempo che hai una vita degna di questo nome…senza contare che discutere di questo con Francoise…Però immagino tu comprenda le ragioni per le quali ho affrontato l’argomento.-
- Si, le comprendo. E’ per questo che non mi va di parlarne in questo momento. Fammici pensare, poi riprenderemo il discorso anche con gli altri. –
Erano passati un paio di mesi da quando 009 si era unito a tutti gli effetti al resto del gruppo e ad una persona in particolare…in realtà gli pareva di aver trascorso con loro tutta la vita, di non essere mai stato altrove. Gli sembrava, per una volta e nonostante tutto, di essere esattamente dove doveva essere e di fare le cose in modo giusto.
Peter e Walther Bishop erano tornati a Boston da un bel pezzo, facendo sentire non poco la loro mancanza.
La primavera stava per lasciare il posto all’estate…Il sole era piacevolmente caldo e tutto sembrava anche troppo perfetto per non mettere paura.
I pensieri di Bretagna ripercorrevano tutto il discorso che aveva fatto con Joe il giorno prima mentre, sdraiato sulla spiaggia, fissava il cielo immobile. Improvvisamente dei violenti schizzi d’acqua lo fecero saltare su. Davanti a lui c’era Francoise in costume da bagno, che rideva divertita.
- Allora, cos’è quella faccia seria? – disse lei, mentre lui si riprendeva dalla sorpresa e…da quella visione! – Perché non vai metterti un costume e facciamo un bagno? -
- Veramente ho appena fatto la doccia! – rispose asciugandosi l’acqua sugli occhi. – perché, invece, non vieni un po’ tu a stenderti qui? – propose prendendole i polsi e attirandola a terra accanto a sé.
- Così ti inzuppo la camicia! – fece la ragazza ridendo, mentre lui la stingeva continuando a             guardare il cielo.
- Non fa niente! – l’abbracciò baciandole la fronte e respirando l’odore buono dei suoi capelli.
- C’è qualcosa che non va? – domandò Francoise dopo un poco, guardando la sua espressione assorta.
- Cosa può esserci che non va? Sono qui con te! –
-  Dai, non mentirmi: se c’è una cosa che mi ha sempre fatta arrabbiare di Joe e Jet è l’abitudine a tenermi le cose nascoste per non farmi preoccupare, come se fossi una bimba piccola da tutelare! –
- No, non voglio trattarti come una bambina. Sono io, quello che va tutelato! Ti dirò tutto, ma più avanti…perché se ti faccio preoccupare senza una vera ragione, poi sono io quello che sta male!-
- Quindi lo fai per te stesso? – sorrise scettica.
- E’ logico! Almeno so quando vale la pena tenerti sulle spine! – disse, cercando di spostare l’attenzione dal discorso precedente.
- Bene. Adesso, dopo Joe che deve proteggermi a tutti i costi, ne trovo un altro che deve decidere anche se e quando devo stare in pensiero!- fece lei, un poco ironica.
- Non è colpa mia se te li cerchi tutti della stessa pasta! Anzi, visto che decido io per te, preoccupati dalle ore 13.15 e cessa di farlo attorno alle 13.23!-
- Scemo! – rise lei, staccandosi di colpo e restando a guardarlo. – ora, per piacere, vuoi essere serio e dirmi come stanno le cose? – Bretagna si mise a sedere e capì che non c’erano scappatoie.
- Ecco…Joe sta pensando che forse è il caso di precedere i Black Ghost e attaccarli…- Francoise si portò la mano alla bocca, turbata: era un’ipotesi che non aveva per niente considerato; in quel momento stava bene, nonostante tutti quanti sentissero sempre addosso la pressione dei loro persecutori. Non si poteva scappare per sempre, ma un attacco…le sembrava quasi un rischio inutile.
- E tu cosa vorresti fare? – domandò dopo una pausa.
- Io…- sospirò Bretagna – io vorrei solo scappare in un posto più lontano possibile, insieme a te! – Francoise gli si fece nuovamente vicina e lo abbracciò a sua volta, senza dire nulla.
- Qui, però, non si tratta di ciò che vorrei, ma di quello che è più giusto…- aggiunse lui dopo un po’. –… ad ogni modo, finché non ne parliamo tutti insieme, non voglio pensarci. – scosse un pochino la ragazza, che si era rannicchiata in silenzio addosso a lui – Allora, hai visto che avevo ragione? Te ne ho parlato, ti sei rattristata e sto male io! – Francoise sollevò il viso e lo guardò, cercando di sorridergli.
- Bisogna anche dire che non avevi esattamente la faccia di quello che cerca di non pensare a niente! –
- Oh, è perché avevo scordato di spegnere i pensieri! – abbassò il viso e la baciò sulle labbra che avevano lo stesso profumo del mare. Lei si abbandonò al suo bacio. – Ecco, ora sono spenti! – disse, continuando a baciarla sulla spiaggia deserta.

Purtroppo, l’argomento non poteva essere rimandato. Quella sera stessa, quando erano in soggiorno, fu affrontato anche con il resto della squadra. Alcuni avevano delle perplessità, tra cui Chang e Francoise, ma, alla fine, tutti concordarono con ciò che disse Jet:
- Non possiamo nasconderci tutta la vita. Ormai non ci vorrà molto molto tempo e ci rintracceranno, costringendoci a scappare o ad affrontarli! –
Hilda gli fece quasi eco.
- Purtroppo è così. Se non ci muoviamo prima, daremo solo loro un vantaggio.-
- E poi – continuò Jet – io vorrei che imparassero a temerci! –
Bretagna era stato zitto ad ascoltare e gli sfuggì un commento:
- Decisamente niente appare più spaventoso di ciò che non lo sembra affatto! –
- Però se ci danno la caccia vuol dire che almeno rappresentiamo per loro un problema! – osservò Chang.
- Quello sicuramente! – ribattè 009 – …ma da qui a temerci!-
- Senti, 009 – disse Punma – forse dovresti dire qualcosa di più…insomma, mi secca dirlo, ma sei quello che li conosce meglio! –
- Purtroppo è così…una cosa è certa: i Black Ghost non hanno mai lasciato un conto in sospeso, e il conto aperto che hanno con noi, ultimamente è diventato bello grosso! Anche se, francamente, attaccarli, mi sembra un suicidio di massa! –
- Quindi, secondo te, dovremmo aspettare che vengano a stanarci? – esclamò Jet, quasi indignato.
- No. Forse attaccarli è, paradossalmente, l’unica soluzione. Nemmeno io voglio fare l’animale braccato per sempre, quindi…meglio giocarsi tutto in una volta! –
- Non è che tu sia molto ottimista…- osservò Punma.
- Pensando al peggio non si creano illusioni! – Francoise deglutì: quella frase le aveva provocato una piccola fitta di dolore: si chiese se Bretagna la pensava davvero così o se era solo un modo per difendersi…
- Però – disse Joe – quella volta che siamo entrati nella base con l’aiuto del tuo alter ego, pur non avendo chiara la struttura del luogo, siamo riusciti a fare non pochi danni…entrandovi con qualcuno che la conosce perfettamente…-
- Questo è vero. – annuì 009 – ma dobbiamo essere molto rapidi e preparati: forse, in quel caso, avremmo delle possibilità di riuscita.-
Il viso di Jet si illuminò.
- Ora si che si ragiona! Quindi, da dove si comincia? – Bretagna sospirò.
- Non sono molto bravo a disegnare, ma…ecco, questo è uno schema della base… -
A partire da quel momento, nella successiva settimana, furono messi a punto tutti i dettagli dell’attacco. Grosso modo, il piano era il seguente: Bretagna sarebbe entrato per primo, rendendosi invisibile, e avrebbe raggiunto la sala di controllo dell’intera struttura: da lì avrebbe messo fuori uso i sistemi di sicurezza principali e avrebbe aperto i tre ingressi attraverso i quali i suoi amici sarebbero passati quasi indisturbati, raggiungendo i punti strategici in cui piazzare l’esplosivo; Punma avrebbe minato i pilastri sommersi della base mentre Ivan e Francoise sarebbero rimasti nelle vicinanze: la ragazza aveva il compito di visualizzare l’interno della struttura a distanza, avvertendo gli altri dell’arrivo dei nemici. Si doveva entrare, colpire e scappare. Stabilita la strategia, l’importante era dotarsi dell’attrezzatura giusta e allenarsi.
- E’ fondamentale riuscire a comunicare tra noi senza essere intercettati: anche tu sei della serie “00”, per cui dovresti essere dotato della nostra stessa trasmittente interna. Basterà modificarne le frequenze con questo programma che ci ha procurato Peter e riuscirai tranquillamente ad avere un contatto telepatico con ognuno di noi nel giro di tre chilometri! – Punma armeggiò sulla tastiera del computer; il programma visualizzò il cyborg 009 e gli inviò un segnale – Ecco fatto, dovrebbe essere a posto! –
- Come fai a dirlo? Non sento niente. –
- Non devi sentire niente. Ho solo impostato la nuova frequenza. Aspetta….Ecco… – la voce di Pumna si era praticamente spostata dalle sue orecchie a dentro la sua testa – …adesso riesci a sentirmi? – Bretagna chiuse un attimo gli occhi, disturbato.
- Che sensazione antipatica! Sembra quasi di essere…posseduti! – Punma rise.
- Si, lo so, all’inizio fa questo effetto! Meno male che dopo la nostra fuga non è venuto loro in mente di toglierti questo “gadget”! Ora prova a comunicare con qualcun altro: devi solo concentrarti un attimo! –
Fece come gli era stato spiegato.
– Francoise…? – la ragazza si era spogliata e stava per entrare nella doccia;  per un istante non si era accorta che la voce le parlava nella testa! Pumna non sapeva cosa si dicessero, ma vide incresparsi un sorriso sul volto dell’amico, che dopo un minuto disse, con un tono un poco imbarazzato: - Ok, l’aggeggio funziona! -

Ormai, nel giro di pochi giorni, tutto era pronto.
Avrebbero attaccato poco prima dell’alba, quando i nemici erano meno operativi; in realtà, non cambiava molto: in ogni caso non si sarebbero mai aspettati un attacco da quattro ribelli.
La cosa migliore, dopo aver sistemato tutti i dettagli della missione e attrezzato il Dolphin, era cercare di rilassarsi e recuperare le energie. La sera ognuno si ritirò in camera sua, dandosi appuntamento al Dolphin per l’ora convenuta.
Joe era quello più agitato: l’iniziativa era partita da lui e, sebbene tutti fossero dello stesso avviso, sentiva il peso enorme di quella decisione. Pensava soprattutto a Francoise: avrebbe partecipato anche lei e il suo ruolo era fondamentale. Non solo temeva per la ragazza, ma provava una specie di senso di colpa pensando che ciò che stavano per fare andava a turbare un periodo in cui, finalmente, sembrava davvero felice.
Bretagna aveva più o meno le stesse preoccupazioni del suo compagno, unite alla repulsione di tornare nel posto in cui aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita comportandosi da perfetto automa. “Da perfetto automa?” si disse, ripensando a quel periodo “Non ero un automa: gli automi non possiedono né una coscienza né un cervello. La definizione corretta è: da perfetto mostro!”. Non voleva ripensare a quelle cose, ma era inevitabile, specialmente quando stava da solo in camera sua. Certamente la nuova stanza non assomigliava minimamente a quella che aveva lasciato: anche se era piuttosto spartana, aveva un qualcosa di “caldo” e c’era una grande finestra dalla quale entrava l’odore del mare. Non ci aveva messo troppe cose (un tempo l’avrebbe riempita all’inverosimile, albergando nel caos più totale!), come se avvertisse nella sua vita qualcosa di provvisorio, qualcosa che gli impediva di mettere radici; c’erano solo alcuni libri e una piccola scultura di legno, raffigurante un camaleonte, che gli aveva regalato Geronimo.
- Non vuole essere offensiva – gli aveva detto - è un piccolo portafortuna: ne ho fatta una per ognuno di noi! – mentre lui era sorpreso di quel dono inaspettato, era intervenuto Chang:
- Tra l’altro ti assomiglia pure!! – 
- Quindi a te avrebbe regalato una biglia con la faccia di marmotta! – gli altri avevano riso di gusto: non ne capiva la ragione, ma non resisteva alla tentazione di “beccarsi” con quel piccolo cinese! Forse perché, infondo, lo trovava incredibilmente divertente! Sorrise ricordando la scena. In quel momento qualcuno bussò piano alla porta. Prima ancora di dire “avanti” aveva già capito che era Francoise. La ragazza entrò timidamente, indossando un accappatoio azzurro e richiudendo la porta dietro di se.
- Scusa, sicuramente riposavi. Spero di non disturbarti troppo… –
- Non riposavo e, comunque, tu non disturbi mai. Fosse stato Chang, invece…- la ragazza sorrise.
- Io…non riuscivo a chiudere occhio, così ho fatto una doccia per rilassarmi e…avevo bisogno di stare un po’ con te…-
- A dire il vero pensavo la stessa cosa, solo che non volevo svegliarti! – disse, felice di averla vicino in un momento in cui la solitudine giocava brutti scherzi.
Si accoccolarono insieme sul letto, cercando di cacciare l’ansia per ciò che avrebbero affrontato l’indomani. La notte era piena di stelle e del canto dei grilli. Sarebbe stato bello non doversi muovere dopo poche ore e restare così, in quel letto, a tempo indeterminato. Eppure, la paura era quasi palpabile. Se ne resero conto dopo pochi minuti, quando l’idea di una battaglia che potesse separarli si riaffacciò prepotente. Fu lei a stringerlo ancora più forte, tremando come una foglia.
- Hai freddo? Sei rimasta con l’accappatoio umido addosso… – disse lui, massaggiandole le spalle. - Non è questo…io…- Francoise slacciò piano la cintura  dell’accappatoio, rivelando a sorpresa parte del suo splendido corpo nudo, bianco come la luce della luna. Lui ne restò meravigliato: non che in quei mesi non avessero avuto nessuna intimità, ma non si era mai spinto oltre un certo limite, come se, in qualche modo, le mancasse di rispetto, come se quello che aveva fosse già troppo per chiedere di più, come se…non la meritasse.
- No. – disse Bretagna con decisione, intuendo nella richiesta indiretta della ragazza più un pensiero di morte che di vita – Noi torneremo tutti vivi da questo scontro. Avremo…un sacco di occasioni. Non voglio che tu lo faccia con me per paura di ciò che può accaderci. –
- Si, ma…non possiamo sapere quello che succederà. Dopotutto, nessuno può saperlo. E poi…non è solo per questo – mentre parlava, le sue guance erano diventate rosse come le mele, rendendola, se possibile, ancor più bella - Io…ne ho voglia davvero e, forse, farà bene a entrambi…-
- Bè, non si può certo dire che non faccia bene alla salute! – disse sorridendo, tentando di sdrammatizzare quel momento.
- Scemo! – rispose lei abbassando il capo e coprendosi un poco.
- N…no, aspetta…- disse lui, pentendosi all’istante di non aver taciuto – infondo…anch’io la penso come te…E poi…c’è una ragione più importante delle altre…- 
- Che sarebbe? – chiese Francoise, un poco dubbiosa, mentre Bretagna le sollevava delicatamente il viso, guardandola negli occhi con l’espressione più seria che potesse avere.
- Sarebbe…che ti amo. Ti amo come non ho mai amato niente in vita mia! –
Era la prima volta che Francoise si sentiva rivolgere quelle parole in quella maniera…aveva avuto tante altre dichiarazioni, in passato, ma nessuna in un modo da farla quasi tremare dentro l’anima, nessuna in un modo così potente…
- Perché piangi? – fece lui, preoccupato.
- Non…non lo so! – rise la ragazza, tra le lacrime - non me lo avevi mai detto…-
- E’ perché in passato ero un po’ troppo abituato ad abusare delle parole, quindi ho finito per credere che, forse, avessero poca importanza. Ti amo. Era così importante dirtelo? – 
- Si! – disse Francoise stringendolo e baciandolo, ricambiata. – Ti amo anch’io! –
Stranamente, ora anche a lui veniva da piangere e ridere al tempo stesso. 
- Avevi ragione. Era importante. Scusami, se non l’ho fatto prima. – la baciò sulle labbra morbide, sul viso, dietro l’orecchio e poi piano lungo il collo, facendole scivolare lentamente l’accappatoio dalle spalle, fino a sfilarglielo del tutto, mentre le sue mani scendevano lungo la vita sottile verso i fianchi, desiderose di ogni centimetro di quella pelle bianca… lei gli sbottonava piano la camicia… quello che venne dopo li lasciò felici, confusi e persi in quella notte piena di stelle.
Si erano addormentati placidamente l’uno nelle braccia dell’altra, senza dire niente. Furono svegliati dai rumori concitati della casa e dall’insistente “beep beep” della sveglia di Chang dalla stanza accanto. Bretagna si mosse per primo, realizzando che ora fosse.
- “…è l’allodola, foriera del mattino”! – disse stirandosi. Lei aprì gli occhi, sorridendo.
- Temo proprio di si, Romeo! –
- …anche se canta proprio male! Oggi che stiamo progettando un suicidio di massa va anche bene, ma giuro che la prima cosa che farò tornando a casa sarà smontare quell’inutile sveglia cinese pezzo dopo pezzo e disperdergliela nell’oceano! – Francose lo guardò, scuotendo la testa: pensò che, nonostante la “visione positiva” che il suo uomo aveva dell’impresa che stavano per compiere, almeno vi era in lui la convinzione che sarebbero tutti tornati a casa! Si sollevò dal letto coprendosi con il lenzuolo, mentre con la mano cercava di recuperare l’accappatoio della sera prima. Bretagna stava ancora seduto nel letto sotto le lenzuola e la guardò ridacchiando.
- Cosa fai adesso, ti copri? – lei arrossì un poco e rise, lasciando andare la stoffa.
- …ma anche no! – rispose sostituendo al rossore un sorriso malizioso e abbracciandolo nuovamente.
- F…forse è meglio che ti copri, altrimenti dovremo rimandare l’attacco a domattina! –
Nel giro di pochi minuti raggiunsero gli altri giù. Jet e Hilda si meravigliarono parecchio nel vedere la loro Francoise allegra e sorridente come se dovesse andare in gita, mentre solo qualche ora prima sembrava l’immagine stessa della tensione!!

Ognuno prese posto sul “Dolphin” e in poco tempo atterrarono a qualche chilometro dalla base che avevano attaccato col Bretagna/007 e con l’altro Jet. Questa volta le cose erano diverse: non dovevano semplicemente infiltrarsi e fuggire: dovevano raderla al suolo così com’era stato fatto dalla squadra 00 dell’altra dimensione. Si separarono, raggiungendo le rispettive posizioni secondo i piani. 009 entrò in azione per primo, scivolando dentro in forma di rettile attraverso il condotto di areazione. Una volta lì, riprese la sua forma rendendosi invisibile.
Si ricordò che sul pavimento c’erano dei rilevatori che, se calpestati, lo avrebbero comunque palesato al nemico, per cui dovette fare uno sforzo ulteriore: mutare nuovamente la sua forma in quella di un serpente continuando a mantenere l’invisibilità  per poter strisciare sul muro e bypassare l’ostacolo; quando raggiunse la sala comandi, si rese conto di aver bruciato già parecchie energie, anche perché, da quando stava con Francoise, non usava praticamente più i suoi poteri; a differenza della sua versione “007”, che li utilizzava spesso per gioco, lui non poteva dimenticare ciò che aveva fatto sfruttandoli…Arrivato a destinazione non fu complicato stordire le guardie e mettersi al comando del sistema computerizzato, aprendo gli ingressi principali e disattivando tutti i sistemi di allarme da lui conosciuti; dopo circa un quarto d’ora nelle telecamere constatò che gli altri avevano già piazzato i loro ordigni senza incontrare grossi problemi, anche perché 003, a distanza, informava ognuno di loro dell’arrivo dei nemici, della direzione dalla quale sarebbero comparsi e della loro “attrezzatura”. A questo punto, anche lui piazzò la sua bomba e fece per uscire, ma non aveva previsto che, dalla sua “partenza”, i Black Ghost avevano attivato altre misure di sicurezza: se ne rese conto quando suonò al di sopra di lui un misterioso campanello di allarme e, in meno di un secondo, le lamiere del corridoio mutarono in grossolani ma letali robot armati di tutto punto! L’effetto sorpresa lasciò Bretagna incapace di realizzare cosa fare per sfuggire loro e si vide a un passo dalla fine, se non fosse stato che, allo stesso modo in cui erano apparsi, quegli ammassi meccanici si sgretolarono contemporaneamente davanti ai suoi occhi. Quando furono tutti al suolo, dal nulla apparve 008: era la prima volta, da quando lo conosceva, che lo vedeva davvero in azione e capì perché era così temuto dai Black Ghost: dietro quell’aspetto di ragazzino innocuo si nascondeva una delle più potenti armi create da loro!
– Dobbiamo usare un’uscita “alternativa” – disse Joe.
– Si – rispose l’altro – me ne sono accorto adesso! – non aveva finito la frase che il pavimento si aprì di fronte a loro e ne uscì 006  con la bocca fumante.
– Eccola qui! – disse il cinese, facendo strada.
Erano tutti  di nuovo sul Dolphin quando l’enorme base dei Black Ghost esplose definitivamente senza lasciare pietra su pietra. Il fumo che si levò dalle macerie aveva l’odore della liberazione!

Erano tutti vivi ed erano a casa, fisicamente provati ma resi euforici dall’adrenalina. Trascorsero la serata a chiacchierare e scherzare in soggiorno, per cacciare via tutte le paure che quella missione aveva risvegliato in loro. Era l’una passata quando si decisero ad andare ognuno nella propria stanza.
– Vai a riposare? – chiese Bretagna a Francoise, trattenendola per la mano, dopo che la ragazza ebbe finito di sistemare Ivan nella sua culla.
– Tra un po’: ho bisogno di rilassarmi mentalmente. Vado a bere una camomilla sulla terrazza. Mi tieni compagnia? –
- E ti rilassi lo stesso? –
- Ma certo, stupido! – rispose lei ridendo. Si misero appoggiati al parapetto a fissare le stelle.
– Mmm, camomilla: la vera bevanda del guerriero! –
- Non devi mica berla per forza! –
- Ma no, così mi rilasso anch’io. Che ti avevo detto che andava tutto bene? Potevamo farlo anche stanotte! – disse 009, prendendola un po’ in giro, mentre ricordava ciò che c’era stato tra loro la sera prima.
Lei rispose usando lo stesso tono canzonatorio: - Perché, tu, dopo aver attaccato una roccaforte dei Black Ghost,  ne avresti avuto voglia? -
- Con te, sempre! E comunque, se ogni volta deve accadere quello che è successo ieri notte, sono disposto ad attaccare i Black Ghost anche tre o quattro volte al giorno! –
- Esagerato! Comunque ti ricordo che non lo abbiamo fatto per via dei Black Ghost, anzi, senza il loro pensiero, sarebbe stato ancor meglio! –
- Accipicchia! Allora non oso immaginare cosa sei normalmente! – disse lui, scherzando come di consueto. Lei, per tutta risposta, gli diede uno schiaffetto sulla mano e si voltò dall’altro lato.
- Sei sempre il solito! Tu piuttosto…- disse poi girandosi dalla sua parte e guardandolo maliziosa – non è che l’altra notte, con i poteri che ti ritrovi, hai in qualche modo “barato”? – Bretagna si mise a ridere.
- Tesoro, non so se lo sai, ma tutti gli uomini possiedono, in alcune parti del loro corpo, dei poteri “metamorfici”! – risero insieme, come due ragazzini, finché la voce di Chang non li riprese dalla finestra sopra le loro teste:
- Non riesco a dormire!! La piantate, con questi schiamazzi notturni?!! –
Rimasero un secondo in silenzio, poi Bretagna quasi si strozzava con la camomilla e scoppiarono nuovamente a ridere! Francoise cercò di ridiventare seria con uno sforzo sovrumano, ottenendo un risultato alquanto mediocre, visto che era diventata paonazza e contorceva le labbra in una smorfia indefinibile!
– Domattina ricordami che, appena Chang esce, gli devo fare a pezzi la sveglia! –  sussurrò Bretagna, serissimo, vanificando definitivamente gli sforzi di Francoise!

Nei giorni successivi tutti gli abitanti della casa si erano accorti che l’affiatamento della nuova coppia era aumentato visibilmente dopo l’ultima missione.
- Ancora mi chiedo come sia riuscito a prendersi la nostra piccolina! – rise Jet guardandoli da lontano.
- Se Francoise ti sente che la chiami così, ti scortica vivo! – disse Hilda.
- In realtà era lui che voleva accaparrarsela! – disse Punma.
- Si, ma questo proprio all’inizio! – fece Jet, quasi a volersi giustificare con l’altra donna del gruppo – …e comunque pensavo di piacerle un pochino: d’altronde non si può certo dire che io non sia bello! – erano quelli i momenti in cui Hilda non capiva assolutamente come facesse uno che esternava simili dichiarazioni a piacerle tanto!
- Quindi la vera domanda è: “perché lui e non io”! – disse Joe, prendendolo in giro.
- Bè, presumo che sia perché lui la venera senza darglielo a vedere! – ipotizzò Chang, aspirando una profonda boccata alla sua pipa.
- Ah, si? – fece Jet, scettico. – E da quando in qua conosci le donne? – 
- Guarda che, nel mio piccolo, ho avuto le mie esperienze! – ribatté Chang, offeso – E poi ti faccio notare che averne avute tante non significa conoscerle! – sentenziò infine.
- Touché! – rise Hilda.
- Io ci ho rinunciato, a capirle! – disse Joe, alzando le mani.
- Oh, si tratta di capire “il meccanismo”: fanno dei giri complicati per chiederti cose semplici! – tutti fissarono Chang con aria interrogativa.
- E quali sarebbero queste “cose semplici”?- domandò Jet.
- Secondo me, non sanno neanche loro che vogliono!- sospirò Pumna.
- Già, è più facile capire una pianta! – disse Joe, attirandosi un’occhiataccia di 004 al pari di 007.
- Non dite sciocchezze! Siete solo poco inclini all’immedesimazione!- affermò Chang con sicurezza.
- “Immedesimazione”?! – fecero tutti in coro, mentre la “coppietta” varcava la soglia di casa.
- Cos’è, Casanova sta dando lezioni?- disse Bretagna entrando. Chang sbuffò una piccola fiamma dalla bocca davanti all’ennesima mancanza di fiducia rispetto alla sua conoscenza dell’universo femminile.
- Ci mancavi solo tu, adesso!!- 
- Bè – intervenne Francoise, sempre incline a difendere un amico – se Chang parlava del capire le donne, ha ragione: bisogna immedesimarcisi! – Di fronte a quell’affermazione, tutti orientarono la mente verso una situazione in cui si sarebbero dovuti immedesimare, come ad esempio un “si” che era un “no”, un “no” che era un “si”, un attacco isterico immotivato, o l’acidità dell’impiegata di turno ad un qualche sportello e i punti interrogativi sulle loro teste si fecero ancora più grossi, finché Bretagna non recitò quella che gli sembrava la chiave esplicativa della teoria del cinese:
- “Caro, oggi mi sento nervosa, non guardarmi, non toccarmi e non sporcare il pavimento quando fai la doccia perché potrei uccidere!” “Non preoccuparti, cara, ti capisco: capita anche a me quando ho il ciclo!” – ci fu un istante di silenzio, dopo il quale gli uomini scoppiarono a ridere e le donne, invece, colpirono ripetutamente l’incauto interprete utilizzando i libri che stavano appoggiati sul tavolo del soggiorno, incluso il “malefico” gigantesco volume di storia contemporanea che Punma stava studiando in quel periodo!

Le cose andavano bene; dei Black Ghost neanche l’ombra, se non nelle paure non esplicite dei componenti dl gruppo. Anche Bretagna sembrava più sereno; certamente, si portava sempre dietro un che di cupo che il suo alter ego non aveva, ma stava normalmente con gli altri e scherzava con loro come non aveva mai fatto con nessuno. C’era qualcosa, tuttavia, di cui Francoise cominciò a rendersi conto adesso che trascorreva sempre più notti con lui: il suo sonno non era mai tranquillo e spesso si svegliava gridando, mentre altre volte cadeva prigioniero dei suoi incubi, faticando a uscirne.
- Stai bene? – gli sussurrò accarezzandogli il viso dopo l’ennesimo episodio di quel genere.
- …S…si. - rispose, riprendendo fiato.
- Ti capita spesso: ti lamenti nel sonno e ti svegli urlando. Alcune volte sei così perso che non riesci neppure a riprendere conoscenza. Ne vuoi parlare? –
- Non c’è nulla di cui parlare…non riesco a disfarmene: ogni notte sogno quello che ho fatto, sogno tutte le persone che ho ucciso, rivedo ogni dettaglio della loro morte…e la cosa più spaventosa di questi sogni…sono io! Comincio a pensare che siano le loro anime che cercano di vendicarsi! –
- Sono i tuoi sensi di colpa, è normale che avvenga…- sospirò la ragazza - non è facile lasciarsi il passato alle spalle. Ma se provi dei sensi di colpa, significa che sei cambiato e che, anche se ci vorrà del tempo, in un modo o nell’altro, riuscirai a rimediare al male che hai fatto; e allora, ne sono certa, tutti gli incubi svaniranno…-
- Non posso rimediare, Francoise…quelle persone non torneranno in vita perché io sono cambiato. Non c’è nulla che io possa fare! –
- Puoi impedire che ulteriori persone vengano uccise, puoi fare del bene ad altre…lo stai già facendo! –
- E’ poco. E’ tutto…troppo…poco. –
- Le cose cambiano sempre un poco alla volta. Dobbiamo continuare a provarci…sempre. –
- Uff…sono sicuro che il mio alter ego non fa simili incubi! –
- Come fai a dirlo? Lo hai visto solo pochi minuti! –
- Ne sono certo…aveva lo sguardo simile al mio prima di entrare nei Black Ghost…-

Era l’alba, nell’altra dimensione, quando un grido riecheggiò nella casa. Bretagna si risvegliò di colpo, spaventato e ansimante. Lasciò le lenzuola, nelle quali si rese conto di tenere le unghie conficcate, e si passò le mani sul viso.
“Un’altra volta…quando diavolo smetteranno?” si chiese, tentando di riprendersi. Infilò i primi abiti che aveva a portata di mano e scese in cucina, dove Albert, mattiniero come sempre, aveva preparato una grossa caffettiera e stava per servirsi, attendendo gli altri. 
Bretagna prese posto al tavolo, con la faccia stravolta, e si impossessò della caffettiera.
- Mi spiace, ma questa oggi è tutta mia! –
- Uhm…i brutti sogni mettono sete! – commentò l’amico, un poco infastidito.
- Come fai a saperlo? – domandò 007, meravigliato.
- Come faccio a non saperlo! Penso che tu abbia svegliato tutti, stamattina! O hai visto un’orda infernale o hai fatto un incubo, mi pare ovvio! Tra l’altro hai buttato giù dal letto persino Jet, che ieri è tornato alle cinque! –
- Ah, e dov’è adesso? –
- Langue sul divano, in attesa di un caffè che non giungerà mai, viste le tue intenzioni e considerando che io, di certo, non ne preparerò dell’altro! –
Bretagna si fermò un istante a riflettere, poi versò il liquido bollente in un’altra tazza.
- Ok, servo io la colazione a Jet! – Albert lo fissò un poco stupito e lo seguì con gli occhi mentre usciva dalla stanza.
Jet sollevò indolente le palpebre, riscosso dal profumo a due centimetri dal suo naso. Quando vide di chi era la “mano gentile” che gli offriva il caffè, sospirò sconsolato, intuendo già le intenzioni dell’amico.
- Ti è successo di nuovo? – bofonchiò sollevandosi e prendendo la tazza.
- Si, peggio dell’ultima volta! Mi capita da poco tempo dopo quella storia dell’altra dimensione…-
- Porca miseria, è possibile che  l’incontro col tuo alter ego ti abbia scosso tanto?! –
- Non certo più di quanto abbia scosso il professore, considerando che io mi sono solo “visto”, mentre lui si è letteralmente “rivisto”! E’ proprio questo il punto: questa non è stata certo l’esperienza più traumatizzante della mia vita, ne ho avute ben altre! Allora, per quale ragione non riesco a far cessare questi incubi? Comincio a pensare che non dipendano da me! –
Jet sospirò -  Da quando abbiamo il nostro “segreto”, purtroppo sono diventato il tuo confidente! –
- E’ inevitabile, Jet! Non posso proprio parlarne a nessun altro! – disse sconsolato: potendo, si sarebbe scelto un'altra persona!-
- Neanche a Chang? –
- Sai com’è, ultimamente nel ristorante non fa che comandarmi a bacchetta e, visto che questo mi distrae, da buon masochista qual sono ho preferito non dirgli nulla per non condizionarlo! - 
- Conosci perfettamente Chang: non modificherebbe mai il suo atteggiamento nei tuoi riguardi! E comunque, parlando sempre con me, ti riveli anche parecchio sadico! Hai provato, ad esempio, con Geronimo? –
- Lo sai che lui ha tutta una visione particolare dei sogni! E poi tu hai avuto la mia stessa esperienza. Piuttosto: a te non è mai accaduto niente di “strano”?-
- Che razza di domanda è? Sembri un incrocio tra un poliziotto e uno psicanalista! Sii più chiaro, per piacere! –
- Sai benissimo di che parlo! –
- E va bene: anch’io ho fatto dei sogni assurdi, ma, a differenza di te, cerco di non sopravvalutarli! –
- E’ logico, per te è facile! Il tuo alter ego era una persona normale, nella misura in cui possa definirsi “normale” un Jet in qualunque dimensione! Il mio era praticamente uno psicopatico!-
- Uno psicopatico?! Ma se l’hai difeso a spada tratta! –
- Lo ammetto…l’ho difeso perché ho capito quello che gli era capitato e perché non posso giurare che non l’avrei fatto anch’io, ma ora sono letteralmente furioso con lui, perché questa storia appare come un vero e proprio condizionamento a distanza!! Rivoglio i miei incubi a colori! –
- Eh? Sogni “a colori”?! –
- Si, perché tu no? –
- Che cavolo ne so, non ci ho mai pensato!- esclamò Jet, ributtandosi sul divano.
- Comunque, in tutti questi incubi, la scena è come una via di mezzo tra un luogo oscuro e un film in bianco e nero: si “colora” solo quando ammazzo qualcuno, generalmente in modo raccapricciante, e allora il sogno restituisce l’immagine con ogni dovizia di particolari! In più considera che nei miei, di incubi, generalmente faccio la parte della vittima, non del carnefice!–
- Brrr…- fece Jet – Io allora non mi posso lamentare: mi limito a sognare di combattere contro Albert e, qualche volta, riesco pure a farlo fuori! –
- Beato te! – sospirò Bretagna, cercando di riderci su come al solito.
- Beato te un corno!! Certe mattine mi sveglio carico di sensi di colpa, altre con un tale astio immotivato nei suoi confronti da vergognarmi a guardarlo in faccia! Se continua così sembrerò una donnetta in preda agli ormoni!! –
- Grazie, Jet, per la meravigliosa considerazione che hai di noi donne! – disse Francoise entrando proprio in quel momento con indosso la vestaglia e la sua tazza in mano.
- Ehm…non intendevo…-
- Si, si, va bene…- disse la ragazza senza guardarlo, accomodandosi al tavolo e sfogliando il giornale.
- Psss – Jet sussurrò all’orecchio di Bretagna – che ne dici di parlarne con lei? –
- Assolutamente no!!!- rispose l’altro ad alta voce, attirando l’attenzione dell’amica. – ehm…no, non è assolutamente il caso! – ripetè a voce bassa, fissando 003 con la coda dell’occhio, sapendo di poter comunque essere ascoltato. La ragazza li guardò entrambi sollevando un sopracciglio.
- Ho capito – disse – vi state confidando come due compagni di scuola e non volete orecchie indiscrete, vero? State tranquilli, vado in cucina da Albert, poi, quando vorrete “illuminarci”…-
- Ma no, cara, che dici…- fece Bretagna, sfoggiando il suo sorriso più fasullo.
- Non vi preoccupate, tanto so che prima o poi la finirete di comportarvi in questo modo stravagante e vuoterete spontaneamente il sacco! –
- Lo spero proprio! – sospirò Jet, guardando l’amico con la faccia interrogativa. Bretagna sorseggiò un altro po’ di caffe, poi spiegò il suo comportamento di prima.
-  L’altro giorno, non te l’ho detto, ho sognato qualcosa di ben altro genere! –
- Sarebbe? – chiese Jet indolente.
- A dire il vero…è un po’ imbarazzante! Voglio dire, il sogno era molto realistico e non so come sia saltato fuori…-
- Piantala con i preamboli! O lo racconti oppure no! –
- Si, va bene…Ehm…io e Francoise, come dire…- parlava a bassa voce, terrorizzato all’idea che l’amica e soprattutto Joe potessero sentirlo.
- TU E FRANCOISE COSA?! – esclamò Jet, urlando.
- Zitto, sei scemo?!? –
- Non starai facendo davvero dei pensieri su Francoise?!-
- Non dire scemenze, se l’ho pure aiutata con Joe! Non sono mica Cyrano de Bergerac e in questa casa sei l’unico ad averne il naso! –
- Umpf, ti vorrei proprio vedere, se ti piacesse Francoise e lei spasimasse per Joe! E’ arrivato il duro che non si sacrificherebbe mai per un amico! Ti dico che ti faresti da parte in tre secondo con le lacrime agli occhi e i cocci del tuo cuore in mano, quindi, fai meno lo spiritoso! Allora, che spiegazioni sai dare a questa cosa? –
- La spiegazione potrei darvela io! –
Si voltarono entrambi verso Ivan, che svolazzava sulle loro teste.
“Accidenti, opportuno come non mai!” si disse Bretagna, poco felice di condividere certi “pensieri” col bambino. Ivan percepì quello che aveva in testa, ma fece finta di niente e continuò.
- Ritengo che, nell’altra dimensione, il tuo alter ego possa avere una storia con Francoise! –
Jet e Bretagna lo fissarono sconvolti.
- Mi dici come fai a sostenere una cosa tanto assurda? Non riesco a immaginare Francoise con me in questa dimensione, nella quale le mie turbe psichiche sono relativamente limitate, figuriamoci in quell’altra, dove dovrei pensarla accanto a un tale che sogna cose che non riuscirei a generare neanche nelle mie fantasie più inquietanti!-
- Sai bene che le cose, altrove, si svolgono diversamente! – sentenziò 001.
- Allora non oso immaginare come saranno preoccupati i suoi compagni! – riflettè Bretagna, mente Jet lo fissava pensieroso.
- Ma, dopotutto – disse – sempre di te si tratta…voglio dire, quanto potrà mai essere terribile?-
- Ecco, ora che hai sottolineato questo punto, finirà che inizierò pure ad aver paura di me stesso! – Jet sbuffò davanti a quell’affermazione: il suo amico non riusciva proprio a non esagerare! Poi si rivolse a Ivan.
- Io, invece, vorrei sapere come mai stanno accadendo queste stranezze…-
- Evidentemente il contatto con i vostri alter ego ha creato una connessione profonda tra loro e voi, dunque adesso tu e 007 percepite i loro sentimenti più forti…non so se a loro succede altrettanto, sarebbe interessante da scoprire!-
- Per me sarebbe molto più interessante scoprire quando tutto questo avrà fine! – disse Bretagna quasi arrabbiato – anche perché avrei i miei incubi, da curare! Mica posso farmi sempre quelli di un altro, psicopatico, per giunta!-
Ivan azzardò delle ipotesi:
- Presumo che questi episodi cesseranno quando cesserà l’effetto del raggio prodotto dalla macchina extradimensionale…oppure quando l’animo di quell’individuo si sarà placato.-
- Già. Potrebbe anche non avvenire mai! Oppure…rivolgersi a un esorcista? –
- Non lo reputo opportuno, non trovandoci di fronte a un’entità metafisica soprannaturale ma avendo a che fare con una persona concreta, sia pur facente parte di un altro universo.-
- Ivan, perché cerchi di dare risposte razionali alle mie buffonate? – disse Bretagna rassegnato.
- Uhm…ora hai detto una cosa giusta! –
- Si, comunque, il sarcasmo mal si addice a un neonato! – disse 007, spiando sul fondo della tazza se vi fosse un ultimo residuo di zucchero.

Ivan avrebbe soddisfatto la sua curiosità sapendo che il Bretagna/009 era assolutamente ignaro delle conseguenze che provocavano le sue inquietudini nell’altra dimensione.
In quei giorni aveva iniziato a cercarsi un lavoro. Tutti gli altri, effettivamente, lavoravano, anche se non costantemente e non sempre nello stesso posto. Jet faceva un po’ di tutto, dalla consegna delle pizze al lavoro presso una pompa di benzina; una volta lo avevano chiamato a una festa per dei numeri di giocoleria! A quanto pare riusciva a fare qualunque cosa che non richiedesse obbedire agli ordini diretti di qualcuno! Chang faceva il giardiniere presso diverse famiglie e Geronimo andava spesso al porto o presso dei cantieri edili; Hilda lavorava come autista privato, cosa che faceva saltuariamente anche Joe, il quale aveva però anche dei lavori “extra” dal capo di Olivia, che si fidava molto di lui; Punma, al pari di Jet, si dava da fare un po’ dappertutto, alternando il lavoro allo studio di libri che a Bretagna sembravano veri e propri mattoni illeggibili! Anche Francoise cambiava lavoro di frequente: aveva lavorato come cameriera, bibliotecaria, segretaria, commessa e, per un periodo, anche come assistente da un dentista.
- Killer non ne cercano, vero? – disse Bretagna alzando lo sguardo sconsolato dal giornale degli annunci.
- No, comunque penso che sia una mansione poco adatta a te! – disse 003, fissandolo severamente per un istante.
- Non pensavo che fosse così complicato…L’altro giorno ho fatto una prova con Geronimo al cantiere, ma non è andata troppo bene…-
- Eppure non mi sembra che, da cyborg, dovresti avere problemi di forza fisica! – commentò Hilda.
- Dici così perché sai perfettamente che, se non fossi un cyborg, potrei averne, vero? –
- Bè, non hai decisamente un fisico da culturista! – ribatté la ragazza.
- E hai ragione. Comunque la forza fisica non c’entra; o meglio: il capo aveva qualche pregiudizio in merito, ma io gli ho dimostrato operativamente che il problema non era quello…-
- Ah. – fece Hilda – E qual’ era? –
- La distrazione! – rispose Geronimo al posto dell’amico, sollevando gli occhi da uno dei suoi soliti lavori in legno. Bretagna fece un sorriso imbarazzato e sia lui che l’indiano si guardarono bene di raccontare il disastro apocalittico che stava accadendo per aver agganciato male un secchio di vernice a un cavo!
- Pensandoci bene – disse Francoise – potrei chiedere al dottor Whitman se in questo periodo ha bisogno di qualcuno allo studio…-
- Chi, il dentista? – chiese Hilda.
- Si, proprio lui…inoltre, essendo un uomo, almeno non proverebbe a mettergli le mani addosso! –
- Se vedessi lui come assistente dal dentista – intervenne Chang – non mi farei curare neanche se mi pagassero!-
- Se incontrassi te in un giardino, penserei che si sono animati gli gnomi di gesso! – avere l’ultima parola con Chang dava sempre a Bretagna una gran soddisfazione!
- Comunque, cara – continuò rivolgendosi a Francoise – non è detto che, essendo io un uomo, non mi metterebbe le mani addosso e, ad ogni modo, dopo aver saputo che ha provato a metterti le mani addosso, vorrei io mettergliele addosso, anche se in un’altra maniera! – Francoise si ricordò che c’erano cose che, probabilmente, era meglio non raccontare al proprio uomo!
La ragazza, nell’ultimo periodo, era occupata con dei laboratori di danza presso un centro per ragazzi diversamente abili; anche se non svolgeva un vero lavoro di ballerina come aveva sempre sognato, era felicissima di usare il ballo in modo da poter essere utile a qualcuno. L’indomani tornò a casa con un sorriso raggiante sulle labbra e corse ad abbracciare Bretagna che stava aiutando Joe a preparare la cena.
– E’ successo qualcosa? – domandò lui, rischiando di ustionarsi con la pentola bollente.
– Credo di averti trovato un lavoro! –
- Dal dentista maniaco? –
- No: nei laboratori dove lavoro io! – disse lei trionfante.
- Ma io non sono portato per insegnare danza a dei ragazzini con problemi! –
- Infatti non devi insegnare danza: devi insegnare recitazione! Vogliono aprire un laboratorio di teatro e gli ho parlato di te: domani ti porto a conoscerli! –
Quella notizia lo rese contento, lasciandolo al tempo stesso un po’ sconcertato…
- E…e se non sarò all’ altezza? Se ti farò fare brutta figura? –
- …Se la pianti di farti seghe mentali? – disse Jet entrando in quel momento – Cavolo, più passi del tempo con Joe e più ti trasmette la sua malattia! – 
- …Che sarebbe? – chiese Joe dandogli fulmineo un colpo di cucchiaio sulla mano prima che potesse impossessarsi di una frittella appena scodellata.
- La masturbazione celebrale! – 
- Quella è invidia perché tu un cervello non ce l’hai! – rispose Joe, fingendosi superiore.
- E tu non sei rapido quanto me! – disse Jet, riuscendo finalmente a soffiargli l’ambita frittella! Gli altri scoppiarono a ridere.
- Allora, domani ci vieni? – chiese di nuovo Francoise.
- Si, così dimostro a Jet di non essere stato ancora “infettato” da Joe! -

Come Francoise aveva immaginato, il colloquio andò molto bene. Luis, l’assistente che coadiuvava i laboratori, gli presentò gli allievi, quattordici ragazzi e ragazze down, di età varia e con problematiche differenti. All’inizio Bretagna si sentì un po’ spaesato, ma applicò immediatamente i consigli che gli aveva dato 003: “comportati con loro come faresti con chiunque altro; cerca solo di essere molto paziente e di comprendere quelli che possono essere i limiti individuali, cosa, per altro, che andrebbe fatta anche con tutte le persone!”; fatto questo, si rese conto che non solo nel giro di alcuni incontri era riuscito a entrare nelle “grazie” del gruppo, ma riusciva anche a ottenere da loro dei risultati che non si sarebbe mai aspettato! Aveva anche tirato fuori una pazienza che non pensava di possedere e, in certe situazioni, rimaneva perfino più calmo della sua ballerina.
Un giorno, uscendo dal laboratorio, i ragazzi lo sorpresero a dare un bacio rapido a Francoise che gli dava il cambio e questa cosa gli valse un autentico interrogatorio di terzo grado:
- Tu e la prof siete fidanzati? – chiese una ragazza con un sorriso romantico.
- Ehm…diciamo di si! – fece lui vagamente imbarazzato.
- Ma lei è bella e tu sei brutto! – osservò un ragazzo.
- Si. Questo significa che c’è speranza per tutti! –
- Ma dormite insieme? –
- E avete fatto l’amore? – le domande si fecero sempre più imbarazzanti, al che lui dovette far notare che ci sono cose personali che non si raccontano ai quattro venti!
- S-Si, l’hanno fatto! – fece un altro ragazzo.
- E tu che ne sai? – domandò Bretagna, rassegnato.
- S- s- sono m-ma- g-giorenne! –
- Professore – disse una delle ragazze più grandi, attaccandoglisi alla vita in un abbraccio – non è vero che sei brutto: per me sei bellissimo! – quell’inaspettata manifestazione d’affetto lo colpì tantissimo, tant’è che dopo, a casa, commentò la cosa con Francoise in questo modo:
- Non me lo aveva mai detto nessuna, neanche se accecata dall’ amore! –
- Ma è vero: dentro sei bellissimo! – sorrise lei dandogli un bacetto sulla guancia per consolarlo del “dolce insulto” che gli aveva appena fatto.
- Cara, per un attimo speravo che mi dicessi questa cosa carina rivolgendoti alla pura esteriorità! – la ragazza rise, constatando che, se pure quel lavoro non poteva cancellare del tutto l’oscurità che lui aveva dentro, gli stava facendo davvero molto bene: quei ragazzi si erano impossessati di un pezzetto della sua anima.
Il cambiamento fu notato a distanza anche dal Bretagna /007, che una di quelle mattine, nelle sue chiacchierate con Jet, gli annunciò:
- Ho cambiato sogno! –
- Non fai più gli incubi? –
- Quelli sempre, ma, oltre a sognare di più Francoise, il che non mi dispiace, se non fosse che è terribilmente imbarazzante, sto mettendo su uno spettacolo con i ragazzi down! –
- Una volta non lo hai fatto sul serio? Sei tornato ai tuoi sogni normali?-
- No, sono sempre “suoi”! –
- Come fai a dirlo? – ormai Jet interagiva con l’amico al colmo della rassegnazione.
- Riconosco me stesso, quando sogno! Tu no? –
- Io sto seriamente considerando l’idea di farti pagare le sedute psicanalitiche! –
Bretagna si stese sulla poltrona accanto a quella dell’amico e si mise a fissare il soffitto sorseggiando il the.
- Mi domando se quel tale è al corrente delle torture che mi sta procurando e se si stia finalmente dando una calmata! –
In realtà il suo alter ego, nonostante, come diceva lui, si stesse dando “una calmata”, continuava sempre ad avere l’animo in tumulto e, ogni tanto, veniva colto da nuove, sottili paure alle quali non riusciva a dare un nome…era come se tutto fosse troppo perfetto e, quando è tutto a posto, si diceva, “il film sta per terminare”. Tuttavia, la vita scorreva…

- Cos’è? – chiese Bretagna dalla cucina sentendo Francoise che parlava da sola.
- C’è Peter in collegamento on line! Stavamo facendo una chiacchierata: ti unisci a noi? –
- No, sto finendo una cosa. Salutamelo! –
Francoise salutò Peter anche da parte sua e, dopo un po’, chiuse il collegamento e raggiunse Bretagna in cucina, che lavava i piatti con una faccia piuttosto pensierosa.
- Peter è un tipo in gamba – le disse all’improvviso - ho anche la sensazione che avesse un debole per te, te ne sei accorta? –
- Non mi ha mai dato questa impressione. Perché lo dici? –
- Così…sareste stati una bella coppia…- diceva questo con un sorriso malinconico, perso nei suoi giri mentali.
- Sei geloso o cerchi una scusa per lasciarmi? –
- Ma no, che vai a pensare! E’ solo che…alle volte penso che sei sprecata con uno come me. Penso che una persona come lui ti farebbe stare bene…-
- Sai già che non mi piacciono questi discorsi. Io sto benissimo con te, se non dici sciocchezze! – L’atmosfera si sarebbe fatta alquanto scura, se non fosse entrato Chang in quel momento con una cesta di verdura.
– Ecco qua, direttamente dall’orto! – disse con soddisfazione – adesso le cucino! – poi lanciò un’occhiata a Bretagna – Tu non cucini mai! Quand’è che prepari qualcosa? –
- Considerando i celebri piatti della cucina inglese, è meglio che mi limiti a preparare il the! Al massimo, se vuoi, sgozzo un tacchino, lo spenno e lo butto in forno! –

- Perché devi essere così truculento? – chiese Chang, riordinando insieme alla ragazza.
- Mi piace impressionarti! –
- Il giorno che deciderò io, di impressionarti, dovrai cambiare continente! –
Così, grazie a Chang, quel giorno la discussione era finita lì.
Solo l’indomani, Bretagna capì in parte a cosa era dovuta la sua inquietudine.
Aveva accompagnato Luis a prendere una cosa da bere insieme a un paio di ragazzi, quando, riflessa nello specchio del locale, vide qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere: in strada, dietro alle vetrate, passavano in quel momento una ragazzina di circa quindici anni con un caschetto biondo, accompagnata da un bell’uomo, molto più grande di lei, alto e magro, con gli occhialini e i lisci capelli legati dietro: i cyborg X2 e X4 erano vivi…e, tra quelli che potevano sopravvivere, erano i più letali e subdoli. Capì che la distruzione della base dei Black Ghost aveva creato solo una pausa, che niente era cessato e che, probabilmente, non lo sarebbe stato mai. Si chiese se l’avessero visto, e si rispose di no, che non poteva essere.
A casa raccontò la cosa agli altri e fu Punma a rispondergli, cercando di ridimensionare le sue paure:
- Forse non ricordi, ma è stata una delle prime cose che ci siamo detti: noi siamo abituati a convivere con l’idea di dover affrontare prima o poi i Black Ghost. La cosa più stupida che potremmo fare, dopo ciò che ci hanno fatto, è dar loro la soddisfazione di rinunciare alla nostra vita. Per cui, si, lo sappiamo che loro esistono, che non ci daranno pace, ma noi la pace ce la prendiamo lo stesso! – aveva concluso questo discorso dandogli una piccola pacca sulla spalla e, almeno momentaneamente, si calmò. C’era una strana idea che però gli circolava nella mente…
Qualche tempo dopo 009 era da solo in casa e, mentre leggeva, fu attratto da un rumore proveniente dal computer acceso. Vide che c’era Peter Bishop in linea e aprì il collegamento. Il ragazzo sorrise, gioviale come al solito.
- Ciao, Bretagna! Tutto a posto? –
- Diciamo…di si. –
- Ci sono Punma o Francoise? Avevo detto loro che oggi avevo qualche minuto, ma non sapevano se li avrei trovati…-
- In effetti ci sono solo io. Come sta quella simpaticona della Dunham? – Peter rise.
- Olivia è indaffarata come al solito. Tu, invece, so che stai lavorando con Francoise. –
- Si, lei è molto brava…-
- Si, è una persona fantastica. Ma so che anche tu lo sei. – 009 sorrise: sapeva che quel ragazzo, quando parlava, era incredibilmente sincero, anche se non riteneva di meritare il complimento.
- Peter, posso domandarti una cosa “leggermente” personale? –
- Se posso risponderti…si! –
- Ecco…un po’ di tempo fa ho avuto la sensazione che tu provassi qualcosa per Francoise…-  La faccia di Peter cambiò varie sfumature di colore; il poveretto tentò di farfugliare qualcosa negando in modo poco convincente. Bretagna sospirò, cercando di scegliere bene le parole e di assumere un’aria più conciliante possibile.
– Non è un atto intimidatorio. Non mi arrabbio se rispondi di si. Ti chiedo solo di dirmi la verità! – Peter assunse un tono e un aspetto più normale, e si mise a studiare il suo interlocutore senza capire che gli passasse per la testa.
– Insomma….va bene: si, quando l’ho conosciuta mi è piaciuta immediatamente e non ti nascondo che l’avrei corteggiata in modo spietato, se non fosse stato che pensavo fosse attratta da Joe! –
- Pure tu pensavi questo! –
- Si, lo ammetto…-
- E…potresti innamorarti di lei? –
- Che domanda è? Adesso sta con te! –
- Si, ma…non è detto che sia per sempre…-
- Vuoi lasciarla?!! –
- Certo che no! Rispondi, poi ti spiegherò…-
- Uff, accidenti! Va bene, potrei! Hai finito con le domande imbarazzanti alle quali, non so perché, sto pure rispondendo sinceramente?-
- Vorrei solo chiederti di fare una cosa.-
- Se è non farmi più sentire da lei lo capisco…-
- No, anzi. Volevo chiederti…se mai un giorno mi accadesse qualcosa…mi prometti che le starai accanto? –
- Che cavolo dici? Insomma, perché mi chiedi questo? Hai forse qualche malattia di cui lei non sa niente o cose del genere? –
- No, no. Sto benissimo. Ma ultimamente sono riapparsi i Black Ghost e qualcosa mi dice che sono in pole position nella loro classifica dei traditori da eliminare! – Peter tirò un respiro di sollievo.
- Quand’è così, non devi neanche preoccuparti: siete insieme e vi proteggerete a vicenda. –
- Lo so, ma…io ho lavorato per loro e so quanto siano forti…so che, fino ad ora, nessuno è mai riuscito a sfuggirgli…-
- Ci abiti, con quelli che sono riusciti a sfuggirgli! Se vi combattono è perché vi temono…- 
- Si, ma…tu promettimelo…promettimi che ti prenderai cura di lei...-
- Vuoi farmi promettere una cosa assurda, e, ci giurerei, senza nemmeno parlarne con Francoise! E poi perché proprio io? –
- Perché…intanto tu non sei un cyborg…perché lei non ti vede come un fratello…perché sei capace di parlarle, capirla e farla ridere. E perché non sei “sbagliato” come me…- Peter scosse la testa con disappunto.
- Senti, devo andare: Walther mi sta aspettando in laboratorio. Salutami gli altri.- Peter lasciò il collegamento fortemente turbato da quella conversazione.

Quella mattina Hilda entrò in casa con una espressione palesemente divertita.
- Non ci crederete mai: Jet ha avuto un ingaggio di tre giorni in un circo! –
- Come clown? – fece Punma ridendo.
- No, come cavallerizzo, idiota! – disse Jet entrando dopo di lei.
- Stavo facendo delle consegne, quando abbiamo ascoltato una discussione in cui lamentavano che uno degli artisti non poteva fare il numero perché ammalato, e lui ha colto la palla al balzo e gli ha pure fatto una dimostrazione sul momento! –
- E quand’è che hai imparato a fare le acrobazie a cavallo? – chiese Joe, incuriosito.
- Una gita in un ranch. Voglio dire: lì ho solo imparato a cavalcare, le acrobazie le so fare di mio! –
- Venite stasera a vederlo? Io non me lo voglio perdere! – disse Hilda.
- Scusami, Jet – disse Punma mortificato – ma sai che non amo vedere gli animali nel circo: mi fa rabbia saperli prigionieri! Eviterei volentieri quel posto: l’ho sempre disapprovato… –
- Ok, lo capisco: i tuoi principi sono sacri! E voi che fate? –
- Noi veniamo di sicuro! – rispose Francoise a nome della coppia: non si sarebbero mai persi un simile spettacolo. A loro si unì Joe, mentre Geronimo e Chang dissero che sarebbero andati l’indomani, perché l’attuale giornata lavorativa era stata un po’ troppo pesante.
La sera il gruppetto era davanti al botteghino del circo. Il bigliettaio guardò i biglietti che 009 gli aveva porto.
– Bene – disse – due ingressi gratuiti per lei e sua figlia! – Francoise si portò le mani alla bocca con un’espressione di stupore e ilarità, mentre Joe e Hilda scoppiarono a ridere!
– Non. È’. Mia. Figlia. – disse Bretagna all’incauto ometto, scandendo le singole parole e guardandolo con una faccia da perfetto Black Ghost!
– M…mi scusi! – farfugliò il poverino, parlando quasi in falsetto con un filo di voce. Gli altri erano morti dalle risate, ma, per limitare l’effetto offensivo, ormai si sbellicavano in play back, senza il sonoro!
– Davvero potrei essere tuo padre? – chiese lui, tra il preoccupato e il rassegnato.
– Ma no, avresti dovuto concepirmi  troppo giovane!-
- Bella scusa! – rispose, definitivamente rassegnato!
Presero posto sui gradini in alto e lo spettacolo cominciò. Alcuni numeri erano davvero coinvolgenti, altri apparivano come dei “riempitivi” alquanto superflui; durante uno di questi, Bretagna guardava distrattamente il pubblico, preferibile all'artista di turno; a un certo punto trasalì, perché gli parve di vedere l’inconfondibile caschetto  biondo di X4 tre file sotto di loro. La ragazza si voltò leggermente e…non era lei. In un attimo si riaprì nella sua mente quell’abisso sul quale impediva a Francoise di affacciarsi…
Sotto il tendone il prestigiatore aveva finito il suo numero e ora c’era una delicata ballerina in bilico su un filo. 009 rimase a fissarla, perso nei suoi pensieri…
- Questo, siamo: funamboli, per sempre in bilico su una corda…dei funamboli…- mormorò senza rendersene conto. Si passò le mani sul viso, come per cancellare i pensieri neri che aveva nell’anima, o come per cancellare la sua stessa espressione.
- Si – sussurrò Francoise prendendogli la mano nel buio del tendone, leggendogli dentro come sempre – è vero, ma, come vedi, i funamboli sorridono…-
- Già – rispose lui, tornando alla realtà – questo migliora l’effetto scenico! –
- …E poi, se non te ne sei reso conto, c’è anche la rete! –
- Tu sei la mia rete! – disse stringendo la ragazza a sé: Francoise aveva la rara capacità di tranquillizzarlo senza neanche fargli domande…
Finalmente, dopo un paio di numeri, il presentatore annunciò Jet, che venne fuori in grande stile, mantenendosi in piedi sulla groppa di uno stallone bianco! Indossava un largo pantalone nero, bracciali di cuoio ai polsi e un gilet nero ricamato d’argento, che portava direttamente sul petto nudo. Bretagna fischiò.
- Sii! Che figo!!! –
Hilda, accanto a lui, arrossi in modo apparentemente immotivato!
Bisognava dire che, quando c’era da fare un’esibizione “eccentrica”, Jet era un grande artista! Eseguì sul cavallo delle manovre ai limiti dell’incoscienza, facendo tremare soprattutto il tizio che l’aveva ingaggiato; quando finì il suo numero, il tendone a momenti veniva giù per gli applausi! A fine spettacolo, Hilda salutò gli amici, dicendo loro che sarebbe tornata più tardi insieme a Jet; gli altri tre si guardarono bene dall’aspettarli e decisero di fare una lenta camminata verso la prima linea dell’autobus notturno che li avrebbe avvicinati a casa. A un certo punto Francoise vide un distributore automatico e si allontanò per prendere una bottiglia d’acqua. Come un’ombra, da dietro al distributore, apparve una ragazzina dal bel viso, sul quale era stampato un ghigno malefico. 003 se la ritrovò a meno di un metro di distanza e ci mise pochi istanti per realizzare che si trattava di un cyborg! Dalla parte opposta, vicino a 008 e 009, era apparso un uomo. Bretagna vide prima lui e, istintivamente, si voltò verso 003: X4 le era a distanza ravvicinata. A quel punto non pensò: si trasformò in una gigantesca aquila e portò via Francoise sollevandosi in volo con lei; Joe stava per affrontare le due presenze, ma 009 gli urlò di scappare. Se gli stava dicendo questo, c’era senz’altro una ragione, per cui anche lui si dileguò senza sostenere lo scontro.
A casa Bretagna si decise a parlare agli altri dei due cyborg e del perché li temesse tanto.
– Non conosco i loro veri nomi…. Come sapete, tra i Black Ghost usavamo quasi esclusivamente il codice. Lui era un specie di genio della chimica, esperto di droghe e veleni; insegnava in un liceo, ma era, ovviamente, una copertura; poi, a un certo punto, quando ha saputo che cercavano volontari che si sottoponessero alla trasformazione per la serie “X”, decise di far “carriera”; dal suo corpo escono degli aculei metallici intrisi di veleno, letali per gli avversari. Lei si è sottoposta dopo all’intervento, presumo per seguire lui: hanno uno strano rapporto, piuttosto torbido; per limitare i sia pure scarsi pettegolezzi che potevano circolare in quell’ambiente, sostenevano di essere fratelli, ma tutti sapevano che non era così…Il potere che ha lei è ancor più pericoloso: riesce, usando la mente, a generare due campi di forza simultaneamente: uno lo utilizza per creare una barriera intorno a sé, rendendosi quasi del tutto immune agli attacchi nemici, l’altro può inglobare l’avversario che, una volta imprigionato, non ha scampo: il campo di forza viene compresso riuscendo persino a smaterializzare il corpo del malcapitato! Unico limite di questa tecnica è che può metterla in pratica solo colpendo a distanza ravvicinata, massimo tre metri circa…–
Joe ascoltava ancor più pensieroso degli amici.
– Ora capisco perché hai voluto che fuggissimo…però, mentre parlavi, hai detto che lei è “quasi del tutto immune agli attacchi”: ne conosci i punti deboli? –
- Si, ma si tratta di una sciocchezza: nel momento in cui comprime il campo di forza per distruggere il nemico, diventa per un attimo vulnerabile….-
- E…l’altro tizio? –
- Mai saputo! Credo che l’unico modo per renderli davvero inoffensivi sia prenderli di sorpresa o…alle spalle. Il fatto è che possiedono anche un udito molto sviluppato e sono silenziosi come i gatti….-
- Capisco….- disse Joe, riflettendo.
– Quindi – intervenne Punma – l’unico modo per liberarcene è dare loro la caccia anticipandoli? –
- Credo di si. Il problema è che non sapremmo da dove cominciare a cercarli. -
- Intanto avranno pure un rifugio, no? Insomma, potremmo iniziare a considerare i luoghi che si danno in affitto e incrociarli con le date successive alla distruzione della loro base…potrebbe essere un punto di partenza…- osservò l’amico.
- Non sappiamo i loro nomi, ricordi? E’ come cercare un ago in un pagliaio! –
- Non dico che non ci vorrà pazienza, però sono sempre insieme e, cercando nei data base degli alberghi o in quelli della questura, potremmo vedere le coppie che rientrano nella loro fascia di età….magari trovare delle foto…potremmo farci aiutare da Olivia e Peter…-
L’idea di Punma appariva come l’unica strada da percorrere. Come sempre, si rimisero in azione.

Tutti loro erano dunque sotto una costante minaccia, anche lei…Ora era subentrata in Bretagna la paura, anzi il terrore, di perderla.
Confidò a Joe questo stato d’animo, il quale rispose, con l’espressione più malinconica che gli avesse mai visto in volto:
- E’ per questa ragione che ho cercato di non legarmi mai a nessuno…Hilda è sopravvissuta alla perdita dell’uomo che amava, ma io…non penso che riuscirei a sopravvivere a un evento del genere. – sentire una confessione del genere dalle labbra di Joe, che appariva così superiore nei riguardi di quelle cose, lo turbò non poco; intanto, gli venne da pensare a quanto fosse incredibilmente assurdo che quel ragazzo avesse deciso a priori di negarsi o trattenere qualunque sentimento per paura del dolore che ne deriva…si domandò chi dei due fosse più folle, se lui, che si era abbandonato totalmente a quella passione con un trasporto quasi fanciullesco senza pensare alle conseguenze, o Joe, che rinunciava giovanissimo a seguire qualunque impulso del suo animo eliminando dalla sua vita tutto ciò che rende una vita realmente bella… e poi pensò a se stesso: si riteneva molto più fragile dell’amico.
Francoise era sempre molto intuitiva e non poté fare a meno di sentire quella paura: l’avvertiva quando l’abbracciava, quando la perdeva un attimo di vista mentre andavano da qualche parte e, soprattutto, quando facevano l’amore: vi era, nello stringerla, quasi una forma di disperazione, come se ogni volta non volesse lasciarla andare, come se ogni volta fosse l’ultima. Infine, si decise ad affrontare con lui l’argomento.
– Non dovresti abbandonarti a queste paure – gli disse dopo avergli “estorto” la confessione di ciò che gli passava nella testa (non che per lei fosse complicato fargli ammettere alcunché!) –  e poi lo sai che non mi piace vederti così: a me piace il tuo lato allegro! –
- Quale, quello che ho regalato al mio alter ego? – Francoise sospirò.
- Noi abbiamo sempre vissuto così…ma anche molte persone “normali” vivono in questo modo: pensa ai militari, ai poliziotti, ai volontari nelle zone di guerra o di epidemia… Dopotutto… – aggiunse dopo un po’, carezzandogli il viso come farebbe una mamma col bambino - …nessuno sa quanto tempo potrà vivere. Se vivessimo nella paura, non vivremmo più! –
- E’ che io…non potrei mai stare senza di te. – rispose serio, trattenendole la mano.
- Ma se volevi cedermi prima a Joe e poi a Peter? – disse lei sdrammatizzando, come era abituato a fare lui a “preoccupazioni invertite”.
- Si, ma… è diverso. Un discorso è saperti comunque felice anche se con un altro; in quel caso, riuscirei a sopportarlo, sono cose che accadono…Ma sono certo che se ti perdessi potrei tornare quello che ero prima, e non voglio. –
- Non torneresti mai più quello di prima. Non mi faresti mai una cosa del genere. – rispose lei seria, fissandolo negli occhi.
- Non lo so. Non posso essere sicuro di niente.-
- Le persone sicure di qualcosa in realtà non esistono. Tutte le nostre sicurezze potrebbero essere ribaltate in qualunque momento perché, in realtà, non siamo neppure padroni di dire che adesso usciremo da quella porta! E poi – adesso parlava quasi con esasperazione – non pensi che io possa avere le tue stesse paure? Cosa mi accadrebbe se succedesse qualcosa a te??-
- Perdonami, ma non ritengo che la una mia dipartita possa considerarsi una grave perdita: la riterrei piuttosto un “risarcimento” per molta gente! – non andò più avanti nel discorso perché questo fu interrotto dallo schiaffo più doloroso che avesse mai preso in faccia!
Francoise sparì per il resto della mattinata; quando Geronimo “ingaggiò” Bretagna insieme a Jet per aiutarlo a pelare la montagna di patate che sarebbero servite per la cena, le cinque dita erano ancora stampate sulla faccia del malcapitato! Jet e Pumna, senza conoscerne la causa, ne ridevano apertamente.
- Eh, prima o poi doveva succedere! – commentò Punma – sei il secondo, dopo Joe! –
- Dovevo immaginarlo, che anche lui avesse beccato qualche schiaffo! –
- Che hai fatto? – chiese Jet, mentre Geronimo eseguiva in silenzio il suo lavoro, guardandoli ogni tanto.
- Diciamo che…ho mancato di sensibilità! –
- Già – rise Jet – un bel ceffone la sensibilità te la restituisce! –
- A me l’ha tolta: non riesco più a sentire niente! –
Non si erano accorti che Francoise era sulla porta dietro di loro e aveva ascoltato la conversazione, intenerita e un po’ dispiaciuta per la reazione violenta che aveva avuto; tuttavia, sentendoli, non riuscì a trattenere una piccola risata. Bretagna si voltò e, con l’espressione pentita di un bambino, le disse soltanto:
- Scusa, ho sbagliato! –
Finito il lavoro, 009 uscì in veranda con la ragazza e riuscirono a riprendere il discorso in maniera più razionale; lui sapeva che la frase che aveva detto l’aveva ferita profondamente; in realtà, le sue parole corrispondevano in pieno al suo pensiero, ma avevano completamente ignorato i sentimenti della ragazza. Fortunatamente, Bretagna poteva anche dire sciocchezze, ma non essendo enigmatico come Joe, farsi capire non gli risultava complicato; anche Francoise gli aveva chiesto scusa per lo schiaffo e toccava meravigliata le strisce rosse, incredula di averci messo tanta forza!
- Ma non dovrebbero esserti già passate? -
- Guarda che  a momenti mi facevi saltare la testa: mi sa che togliere i segni sarà un lavoro da chirurgo plastico! –
- Sei sempre il solito esagerato! – risero insieme, poi lui si fece nuovamente serio.
- Senti, giuro che non ne riparlerò più ma…promettimi che, se mai dovesse accadermi qualcosa, tu non resterai sola come Hilda. –
- E tu che, se dovesse accadere qualcosa a me, resterai ciò che sei diventato adesso.- ascoltando questa frase, Bretagna deglutì e provò lo stesso fremito di dolore che aveva provato quella mattina; cercò di mostrare che tutto fosse a posto, quindi finse di non aver sentito e riprese il suo discorso con un tono scherzoso.
- …magari mettiti con Peter! –
- Uffa, ancora! Sarò libera di scegliere? –
- Ma a me piace lui! –
- Allora, se ti piace, ti ci puoi mettere tu! –
Come sempre l’ennesima conversazione drammatica si era risolta in una risata.

In quei giorni tutti iniziarono una frenetica ricerca dei due cyborg, Pumna e Peter infilandosi di nascosto nei database più disparati, gli altri girando per la città controllando gli affittacamere e i B&B; la ricerca non stava dando i risultati sperati, ma il lato positivo era che, agendo, ci si abbandonava meno a pensieri negativi. I due nemici sembravano spariti dalla faccia della terra e non vederli aveva, in un certo senso, calmato gli animi. Mentre si svolgevano le indagini, la vita “parallela” dei membri del gruppo, quella “normale”, cercava di proseguire ritagliandosi i suoi stretti spazi in mezzo al resto…
- Vieni con me – disse Joe a Bretagna, parlando sottovoce per non farsi sentire da Jet e Punma – però mi raccomando: cerca di essere silenzioso e di non farti vedere! – lui lo guardò con la faccia leggermente interrogativa, senza darlo a vedere.
-Uh, andiamo a caccia? –
Lo condusse su una alta duna affacciata sul mare; sotto di loro, su una piccola radura presso scogliera a strapiombo, Francoise si esercitava sulle punte appoggiandosi al tronco ricurvo di un albero; aveva con sé uno stereo che le rimandava un pezzo di Chopain e un tappetino da ginnastica; indossava un body attillato bordeaux scuro che le lasciava la schiena nuda e un piccolo pareo intorno alla vita. Era bellissima, con i capelli al vento mentre si sollevava leggera come una farfalla…
- Non so se lo sapevi – disse Joe - ma lei viene qui ogni tanto a esercitarsi per conto suo; da quando l’ho scoperto, non ti nascondo che qualche volta vengo a guardarla: è una cosa che mi rilassa tantissimo…-
- No, non ne sapevo niente, ma tutti hanno diritto a un “posto segreto”…-
- Forse è meglio andare: potrebbe accorgersi di noi! -
- Guardate che vi ho visti e sentiti da un’ora! – i due si bloccarono, spaventati dell’essere stati scoperti.
- Scusaci, non volevamo interromperti…passavamo per caso…-
- Joe, sei un pessimo bugiardo! –
- Ehm…comunque è solo colpa mia: ho portato io Bretagna qui! –
- Non preoccupatevi: non è mica un segreto! – sorrise, alleggerendo le loro coscienze.
- Se vuoi andiamo via subito.- disse Bretagna.
- No: adesso “pagate pegno” e restate qui con me a ballare! –
- Io avrei un impegno! – disse Joe, praticamente scappando via – ci vediamo dopo! – la ragazza rise.
- Joe dice sempre “io non so ballare, sono troppo rigido!”, anche se devo ammettere che, in altre circostanze, non lo è affatto! –
- Uhm…e quali sarebbero, queste “circostanze”? – domandò 009, vagamente sospettoso. Francoise rise imbarazzata.
- Non fraintendermi: è che, senza volere, una notte l’ho sentito mentre era “impegnato” con Olivia…-
- Meno male che in casa non ci sono altre “orecchie lunghe” che giudicano le mie prestazioni!”-
- Quelle sono contenta di giudicarle di persona! – disse con un sorriso, arrossendo un poco e guardando le nuvole. Era davvero irresistibile e Bretagna le si fece vicino cingendole forte la vita e baciandola sul collo, ma lei si staccò piano e, fissandolo con uno sguardo vagamente malizioso, gli chiese:
- Balli? –
-  Mi ci vedi bene, sulle punte? – fece lui, un poco deluso.
- Veramente pensavo a qualcos’altro!-
- Tipo?-
- Una rumba! – fece lei, cambiando musica e mettendone una vagamente sensuale e nostalgica.
- Vediamo…rumba, rumba…com’erano i passi della rumba? Ah, ora ricordo….certo che sei veramente esigente! –
- Ma tu mi accontenti sempre! – disse togliendosi le scarpette da danza prima di mettersi in posizione davanti a lui, che, come sempre, esaudì i suoi desideri felice di farlo. Ballarono in silenzio sotto il cielo pieno di nuvole bianche; Francoise, in quelle situazioni, si trasformava: il suo corpo, da leggero e impalpabile che era nella danza classica, ondeggiava in maniera quasi provocatoria, diventando fonte di pensieri non proprio angelici, che impedivano a chi la guardava di non desiderarla! Bretagna sapeva di dover fingere un distacco che non aveva e fu molto “professionale”, fino all’ultima nota, quando, stringendola tra le braccia, nel vuoto prodotto dalla musica, le passò pianissimo la punta delle dita lungo la schiena, facendola vibrare come uno strumento musicale…
- Non vale! – sussurrò lei con un sorriso malizioso.
- Vale, invece! – rispose lui sottovoce: sapeva bene che quello era il suo punto debole e, quando ebbe la risposta positiva dal corpo della ragazza, l’appoggiò contro il tronco di un albero bianco e iniziò ad accarezzarla come piaceva a lei…

- Forse abbiamo una pista! – disse Punma entrando in casa insieme a Francoise; gli altri erano rientrati da poco, chi dal lavoro chi da un altro giro di ricerche infruttuose.
- Sono certa di aver visto la ragazza su uno degli autobus diretti  verso una delle località di collina frequentate dai campeggiatori, non troppo lontano da qui…-
- Diamine, non ci abbiamo pensato! – esclamò Jet – Potevano essersi accampati da qualche parte! –
- Allora coraggio – disse Joe – andiamo a cercarli! –
Ci impiegarono giusto il tempo di armarsi e dopo poche ore erano giunti al limitare della folta boscaglia che ricopriva il luogo in questione e si divisero in tre gruppi.
Bretagna  si mosse con Punma e Francoise, Joe era con Geronimo e Ivan, mentre Jet, Hilda e Chang costituivano l’ultimo gruppo.
Vagarono un bel po’, passando prima da una piccola area camper e, andando oltre, incontrando ogni tanto una famiglia a passeggio o qualche sparuta comitiva di ragazzini con le tende, ma dei loro nemici nessuna traccia; d’altro canto quel posto non era decisamente piccolo: ci avrebbero anche potuto impiegare giorni, se gli oggetti della ricerca si spostavano. Ormai era quasi tardo pomeriggio ed era il caso di ritirarsi e ritentare il giorno dopo: fermarsi in quel posto la notte era decisamente poco prudente.
Punma stava per informare gli altri che loro stavano tornando, ma non fece in tempo a sollevare la trasmittente: 003 gli appoggiò una mano  sul braccio, sussurrandogli: - Loro sono qui! –
Tutti e tre si piazzarono in posizione di attacco verso la direzione che 003 aveva indicato: lei vedeva i nemici come se le fossero già di fronte, mentre gli altri due attesero che si facessero largo tra i cespugli, cosa che avvenne subito. L’uomo e la ragazzina si avvicinarono quasi passeggiando, ma si intuiva che erano già da un pezzo sulle difensive.
– Ma che brutta accoglienza per dei vecchi colleghi, 009! – sogghignò X2 mentre i tre cyborg 00 non smettevano di tenerli sotto tiro.
– Non sono più un tuo “collega” e non provate a fare un solo passo in avanti! – il tono di Bretagna era minaccioso, ma sapeva che serviva solo a prendere tempo per escogitare una manovra che potesse in qualche modo fermarli.
Ovviamente i due, consci delle loro potenzialità, continuarono ad avanzare verso il gruppetto, che arretrò leggermente; a quel punto X2 iniziò a tirare fuori dalle mani e dalle braccia centinaia di aculei, lunghi ognuno una ventina di centimetri. 009 sapeva bene che era solo un “assaggio” dei suoi poteri; comunicò rapidamente con Punma utilizzando la trasmittente interna: - Io mi occupo dell’uomo. Tu e 003 cercate di distrarre la ragazza, ma mi raccomando: attaccatela da direzioni diverse e non fatela mai avvicinare a meno di tre metri da voi! – 007 annuì e scattò sulla destra mentre 003 si spostò sulla sinistra; 009 aveva già mutato le braccia in metallo e con quelle aveva parato un primo lancio di aculei avvelenati scagliati da X2.  Doveva concentrarsi e non pensare a Francoise: c’era Punma a difenderla.
- Sei solo un miserabile traditore! – ringhiò X2 prendendolo di mira - Prima contavi qualcosa, mentre adesso non vali niente!- Bretagna rabbrividì ricordando che, quando aveva visto il suo alter ego, gli aveva detto qualcosa di simile
- Dimmi – continuò il nemico mentre completava la sua metamorfosi ricoprendo ogni centimetro del suo corpo di aculei - cosa hai guadagnato tradendo l’organizzazione? –
- Vuoi sapere che ho guadagnato? Ho guadagnato la mia libertà e una vita degna di questo nome, cosa che tu non avrai mai! E poi, meglio tradire dei pazzi criminali piuttosto che me stesso!  – mentre parlava, anche Bretagna completò la sua trasformazione, diventando un’inquietante statua di metallo animata. L’altro scattò rapido contro di lui. 009 reagì cercando di riempirlo di proiettili; era solo un tentativo, perché l’uomo sembrava praticamente inattaccabile: i colpi rimbalzavano sui suoi aculei e il corpo a corpo appariva l’unica soluzione.
007 e 003 erano impegnati a schivare i colpi di X4, che tentava di prenderli in trappola. Punma però si accorse che X4 non perdeva mai di vista il suo compagno, come se avesse paura di 009 e questo rendeva meno efficaci i suoi attacchi, pur restando immune ai loro grazie al campo di forza di cui si era circondata.
Mentre X2 ripeteva l’attacco, 009 trasformò le sue dita in lunghi e appuntiti cavi di acciaio che andarono a conficcarsi violentemente tra le spine dell’avversario. Sperò in cuor suo che Francoise non lo stesse guardando in quel momento.
“Perché devo farlo?” si chiese senza capacitarsi di non essere con la mente nel combattimento mentre il suo corpo distruggeva l’altro cyborg “Non volevo farlo più. Non è nella mia natura. Allora perché devo continuare in questo modo? Perché mi fa così male? Deve essere una condanna. Deve essere la condanna che merito.”
L’uomo cercava inutilmente di reagire, ma più lo faceva più quei cavi gli dilaniavano l’organismo.
La ragazzina guardò la scena da lontano: vedere il corpo trafitto del suo compagno le provocò un autentico shock emotivo che le fece rischiare di perdere il controllo dei suoi poteri.
– Scappa! – le gridò X2, con un tono che, nell’atto del comando, tradiva la sua disperazione. X4 obbedì, come se fosse un automa, riuscendo con uno scatto fulmineo a eludere l’attacco di 003 e 007, colti di sorpresa dall’urlo dell’uomo e dalla vista di ciò che si consumava a pochi metri da loro.
Ormai X2 non era più vivo, ma le sue membra artificiali continuavano a muoversi e contorcersi grottescamente animate semplicemente da una sorta di corrente elettrica che gli circolava dentro. Fu un proiettile sparato da Punma in pieno volto a far cessare quell’agonia.
- Non è bello a vedersi, ma era l’unica…- disse mestamente, avvicinandosi all’amico mentre rimetteva a posto l’arma. Il cadavere al suolo appariva come un inquietante ibrido tra uomo, macchina e animale: parte degli aculei erano rientrati, mentre altri luccicavano alla fioca luce della giornata quasi al termine.
009 riprese il suo aspetto, evitando di incrociare lo sguardo di Francoise, che, percependo il suo dolore, avrebbe voluto avvicinarglisi; guardò l’essere che aveva ucciso e notò qualcosa tra i brandelli di ciò che doveva esserne la giacca. Istintivamente, si chinò a raccoglierla: documenti d’identità: “Morgan Moran, 43 anni, docente di chimica”…Anche quell’essere aveva un nome…era anche lui una persona.
- Presto! – disse Francoise, interrompendo di colpo i suoi pensieri – dobbiamo assolutamente fermare la ragazza: sento delle grida e degli spari non lontani da qui. Sta colpendo delle persone! -
X4 era diventata una scheggia impazzita, un animale ferito: desiderava solo far provare a tutti gli esseri viventi che incontrava il suo stesso dolore.
003 guidò i suoi compagni in quella direzione e chiese anche a Ivan di raggiungerli in fretta. Giunsero tutti sul posto, constatando la scia di sangue che la ragazza si era lasciata dietro; due ragazzi erano morti e uno gravemente ferito.
Francoise si rese conto immediatamente che presto le vittime sarebbero aumentate: la cyborg si stava dirigendo verso alcuni camper parcheggiati poco più in là. Raggiungerla non fu un problema, e Joe, apparso dal nulla come sempre, sottrasse appena in tempo una coppia di fidanzati a una grandinata di pallottole che li avrebbe massacrati. 001 fece il resto teletrasportando lontano da lì i ragazzi svenuti e una famiglia ancora avvolta nel sonno, ma c’erano altre persone da allontanare per evitare una strage. X4 era rabbiosa e nuovamente intoccabile;  appiccò fuoco a una roulotte, facendo in modo che si propagasse agli alberi e ad altri due automezzi nelle vicinanze.
Lo scenario che avevano davanti era davvero preoccupante, tra persone da mettere in salvo, fuoco da arginare e il nemico da neutralizzare; la squadra si divise per cercare di allontanare e soccorrere quanta più gente possibile.
Ivan continuava a fare quello che poteva per spostare nello spazio le potenziali vittime; X4 lo notò e cercò di  catturarlo, ma 001 reagì creando simultaneamente un altro campo di forza; le due energie entrarono in collisione e il piccolo fu sbalzato via, cadendo svenuto. I suoi compagni gli corsero in aiuto, ignorando per un istante X4, che, sotto gli occhi di Francoise, imprigionò il neonato della coppia  che la ragazza stava aiutando a fuggire. La madre urlò disperata vedendo il suo piccolo risucchiato dentro una sorta di bolla invisibile e quella disperazione era un balsamo per l’animo ferito della ragazzina, che avrebbe goduto nello smaterializzare per sempre quel pidocchio; tuttavia, appena udì la voce di 003 che la supplicava di lasciarlo andare, avvenne  in lei qualcosa di strano: fu come se, di colpo, fosse rientrata in se, recuperando la freddezza e la lucidità dei Black Ghost.
- Prendi tu il suo posto! – disse gelida. Francoise guardò il viso disperato della donna che aveva accanto e poi il piccolo…nessuna vita valeva quanto quella di un bambino e nessun dolore poteva essere pari alla morte di un figlio.
- lo farò, se non farai del male a nessuno di loro! – X4 annuì e si sentì quasi onnipotente nel risparmiare le loro vite. Tutto avvenne in una frazione di secondo: mantenne la promessa e 003 fu sua, prima ancora che Joe potesse intervenire.
- Francoise, nooo!! – il grido di Joe richiamò l’attenzione degli altri. Quando si resero conto dell’accaduto, cercarono di attaccare con ogni mezzo X4 e di infrangere il campo di forza che racchiudeva la loro amica. La ragazzina era completamente immune agli attacchi: non solo alcun proiettile penetrava l’aura che aveva creato intorno a sé e a Francoise, ma neppure la potenza di Geronimo riusciva a scalfire quella barriera invisibile.
Bretagna, in balia della sua disperazione, iniziò a tempestare di proiettili la barriera che circondava X4, pur sapendo razionalmente che era totalmente inutile; ciò che fino a quel momento era stata la più grande delle sue paure, si stava spaventosamente realizzando davanti ai suoi occhi. Nel suo cuore pensava che perderla fosse la più atroce delle punizioni e che, si, la meritava, meritava di provare tutto quel dolore per saldare almeno in parte il frutto delle sue azioni, ma…non era giusto che per punire lui dovesse pagare con la vita la persona migliore che avesse mai conosciuto… Francoise non era un bene prezioso solo per lui, ma anche per tutti quelli che la conoscevano. Non doveva accaderle nulla, avrebbe bruciato tra le fiamme dell’inferno, ma non doveva accaderle nulla… a nessuno dei suoi amici doveva accadere nulla. Aveva perso del tutto la lucidità, ma, fortunatamente, fu Joe a recuperare la sua: a un certo punto il ragazzo realizzò che X4 avrebbe già potuto uccidere 003, ma non lo faceva, rimanendo immobile sotto il loro attacco: probabilmente sapeva che, nel momento in cui l’avrebbe uccisa, la sua difesa si sarebbe indebolita; e, tuttavia, si sarebbe potuta sottrarre a loro in maniera relativamente semplice, approfittando dello stato emotivo dei suoi nemici davanti alla morte di una compagna; la cosa non lo convinceva e comprese che forse era il caso di cercare di parlarle. Cessò di sparare e parlò a voce alta.
- Cosa vuoi da noi? – le chiese portandosi accanto a Bretagna, che era il solo a non aver cessato il fuoco quando l’amico aveva fatto cenno agli altri di fermarsi.
La risposta di X4 giunse con il consueto tono gelido e asettico: - Voglio 008, per la gloria dei Black Ghost…oppure 009, per la mia sete di vendetta! –
Tutti raggelarono davanti a quella richiesta. Joe stava per farsi  avanti senza neanche pensarci, ma questa volta fu Bretagna, stranamente, a ritrovare il suo sangue freddo, come se quell’annuncio lo avesse in qualche modo tranquillizzato, e a bloccare l’amico per un polso, rivolgendosi direttamente alla ragazzina con un tono quasi distaccato:
– Valuteremo la tua proposta, ma abbiamo bisogno di parlarne un momento tra noi. Dacci solo due minuti. –
X4 sorrise. – Non sei per niente cambiato. Va bene, ma non fatemi aspettare troppo! –
Portò 008 in disparte. Joe non gli diede neanche il tempo di aprire bocca.
- Non so cosa tu abbia in mente, ma andrò io! – disse con decisione: era lui quello che “proteggeva” gli altri, che si buttava sempre avanti per primo.
- Perché tu? Credi che Francoise non soffrirebbe se ti succedesse qualcosa? –
- Perché è a te che è legata. – la risposta era anche convincente, ma non la condivideva.
- Si, ma nessuno merita di morire al mio posto! – non diede a Joe la possibilità di replicare, perché mentre parlava lo aveva già addormentato col paralyser.
- Dov’è Joe? – chiesero gli altri, vedendolo tornare solo.
- Voleva fare una scemenza in vece mia e l’ho mandato a nanna! –
- Che diavolo…! – esclamò Jet, arrabbiato – In un momento come questo la presenza di Joe è indispensabile! Lui…potrebbe farcela! E poi vorresti farla tu, una pazzia simile?! –
- Non abbiamo scelta: io o Joe e, a quanto pare, ci sono solo io! 002, quando si aprirà il campo di forza per far entrare me e far uscire 003, portala via immediatamente usando l’acceleratore…portala più lontano possibile. –
- Quindi hai deciso di farti ammazzare?! – disse Hilda, stringendo i pugni.
– Forse…- rispose pensieroso - forse esiste una possibilità per farcela: quando comprimerà il campo di forza che mi trattiene, X4, per un istante, è vulnerabile: tu e 006 colpirete il nemico simultaneamente; in questo modo lo distruggerete…-
- …E tu farai in tempo a salvarti? –
- Probabile. – rispose, sapendo di mentire. La risposta non piacque molto agli altri. – Su, non fate quelle facce; siamo una squadra, no? Andrà tutto bene! – sorrise, recitando in piena regola; si voltò per raggiungere 003 e X4, tradendosi un poco sul finale, quando fissò per un lungo istante i volti dei suoi amici, quasi a volerseli imprimere bene nella mente.
Francoise, intanto, sperava di risvegliarsi da un incubo o che quella tortura finisse al più presto con la sua sparizione; se non fosse morta lei, Joe o Bretagna avrebbero preso il suo posto e questo pensiero la terrorizzava più dell’idea stessa di morire. Provò a bluffare:
- Perché stai perdendo tempo? Nessuno di loro due si farà ammazzare al mio posto! Per noi conta solo ciò che siamo come squadra e io sono sicuramente uno dei componenti più inutili: ammesso che 008 o 009 volessero per qualche strano motivo sostituirsi a me, sarebbero gli altri a impedirglielo! Quindi che aspetti? Facciamola finita qui e datti alla fuga, prima che i tuoi poteri vengano meno e ti siano tutti addosso! –
- Taci, stupida! – rispose la nemica. X4 stava diventando impaziente, ma accontentarsi di 003 al posto di 008 o 009 era come tenersi l’esca al posto del pescato; tuttavia, l’esca poteva dare sempre una piccola soddisfazione, se schiacciata. Quando alzò lo sguardo e vide Bretagna davanti a sé, non riuscì a trattenere la soddisfazione.
- 009, che bella sorpresa! Sai, da te questo proprio non me l’aspettavo! Non immagini il regalo che mi stai facendo venendo a morire al posto di questa sciacquetta! –
- Modera i termini, ragazzina! Non vali neanche la milionesima parte di lei!- l’espressione di X4 si fece prima feroce, poi un ghigno le apparve sul viso quando un certo pensiero le si affacciò alla mente.
- Un momento: non sarà mica che…ti sei innamorato di lei? – nonostante il suo alterato stato mentale, X4 era una vera calcolatrice: se l’essere che aveva ucciso il suo amore teneva a qualcuno, avrebbe sofferto molto di più perdendolo! 009 intuì i suoi pensieri e capì che doveva fingere come al solito, anzi meglio.
– Non dire idiozie! E’ 008 a esserlo e se non prenderò io il suo posto sarà lui a venire qui, creando un problema per tutta la squadra!- lei parve convincersi.
– Allora? Che aspetti? Vai a prendere il suo posto! –
Bretagna avanzò verso 003.
– Avanti, 003 – le disse con dolcezza – vieni, ti farà uscire…-
- Non voglio! – disse Francoise, restando dov’era – Non morirai per me!! –
- Francoise, ti prego…-
X4 si fece una risatina. – A me farebbe più piacere prendermi 009, ma se non vi mettete d’accordo, 003 come “contentino” andrà benissimo! – detto questo, fece un piccolo gesto, che ebbe l’effetto di stringere 003 in una morsa.
- No! Aspetta! Francoise, fai come ti dico…- non voleva parlare apertamente, né far intuire all’avversario i sentimenti che nutriva per 003: rivelarli anche solo per distrazione significava condannarla a morte, quindi utilizzò la trasmittente interna per rivolgersi solo a lei - …se tu dovessi morire, sarei morto anch’io…non potrei sopravvivere senza di te. – la ragazza iniziò a tremare e piangere, a scuotere il capo.
– Per favore, non ti ho mai chiesto nulla. – continuò Bretagna nella mente della ragazza 
– Vieni fuori e lasciami fare…Tu sei molto più forte di me. – disse poi ad alta voce. Infine, continuò nei suoi pensieri – salvati e continua a vivere…per me!-
A quel punto, Francoise capì. Le sembrava assurdo ciò che stava accadendo, ma comprese che non poteva negarglielo. Fece un passo nella sua direzione, restando a due centimetri da quella specie di bolla che l’avvolgeva, piangendo a dirotto. X4 ebbe un’espressione trionfale: avrebbe avuto la sua “preda”. Bretagna si avvicinò. Esitò un istante per sussurrale:
- So di chiederti troppo, ma vorrei tanto vedere un tuo sorriso! – la ragazza fece un’enorme violenza su se stessa, asciugò le lacrime con entrambe le braccia e cercò di sorridergli.
Uscì piano dal campo di forza, mentre lui vi entrava contemporaneamente; la guardò sorridendo, con un’espressione tra il sollevato e il malinconico e fece appena in tempo a dirle:
“Grazie di tutto!”

- AH! – il bicchiere di vetro cadde a terra frantumandosi di colpo, mentre il cyborg si portava la mano alla fronte.
- Che hai? – chiese Geronimo a Bretagna, che premeva un punto in mezzo agli occhi con la mano.
- Non lo so…all’improvviso ho sentito una fitta di dolore proprio qui, ma è passata all’istante!-
- Vuoi parlarne col professore? –
- No, ti dico che è passata…- rispose.
La voce di 001 risuonò nella stanza, con una impalpabile intonazione addolorata.
- Bretagna, io… so cosa è successo. E’ morto il tuo alter ego. -
- Eh? – fece lui meravigliato. – E tu come lo sai?-
- E’ colpa del mio alter ego…mi sta facendo sentire tutto il dolore di Francoise! – improvvisamente il piccolo scoppiò in un pianto inconsolabile: era come un bambino “normale”, non riusciva a cessare le lacrime e i singhiozzi. Geronimo tentò di cullarlo e Bretagna di rassicurarlo, ma invano. In realtà a Bretagna importava relativamente poco della sorte che poteva toccargli nelle altre dimensioni: lo preoccupava molto di più la relazione che poteva avere con i suoi compagni di squadra; quella reazione di Ivan gli sembrò incredibile.
- Coraggio, piccolino! Io sono qui e non sono morto! Sarà stato solo un brutto sogno, coraggio!! – Finalmente arrivò Francoise, che lo prese tra le braccia e parve calmarsi. Spiegarono alla ragazza l’accaduto.
- Evidentemente l’essere andati dall’altra parte ha creato davvero più di un contatto tra noi e loro e questo ne è un effetto collaterale…- disse Bretagna, raccontando finalmente, in maniera sommaria, ciò che lui e Jet avevano nascosto fino a quel momento; poi il suo viso divenne mesto - Mi dispiace. Come se non bastassero i guai di questo, di mondo! Io…non gli avrei mai augurato di morire, anche se ha fatto quello che ha fatto. Ivan ha detto che l’altro 001 gli ha trasmesso il tuo dolore, cioè…quello dell’altra Francoise…-
- Lo immagino: se accadesse qualcosa a uno di voi, mi sentirei mancare un pezzo dell’anima… – disse la ragazza. Bretagna sospirò.
- Alla fine anche nell’altra dimensione facevo davvero parte del gruppo. Bè, almeno quel tipo deve essere morto facendo qualcosa di buono…insomma, sarebbe stato peggio morire da Black Ghost. – disse, immedesimandosi per un istante nell’altro se stesso. Poi il suo pensiero tornò a quella Francoise “alternativa” che aveva conosciuto – Forse tu…lei…gli ha salvato l’anima. Io l’ho conosciuta: ti assomiglia molto. Spero che abbia molte persone accanto a sé. Mi sembrava un poco sola…ecco, sembrava che tenesse insieme lei il gruppo…Vorrei…vorrei poter tornare in quel mondo per cercare di consolarla in qualche modo…-
- Se è come me e gli altri sono come voi, sono certa che ce la farà – disse Francoise, parlando piano a Ivan, che si stingeva a lei un poco più forte; poi si rivolse a 007, carezzandogli la mano – Non possiamo farci carico anche della sofferenza di un altro universo, quando è già difficile sopportare il nostro…- il suo pensiero andò alla volta in cui lei stessa aveva provato quel dolore lancinante, quando Joe e Jet stavano dissolvendosi come stelle cadenti nell’atmosfera. Albert l’aveva abbracciata forte (era la prima volta che lo faceva), come se avesse voluto prendere su di sé tutta la pena della ragazza, come se avesse pensato che lui avrebbe potuto sopportarne il peso meglio di lei... Era ciò che faceva Hilda in quel momento nell’altra dimensione, comprendendo troppo bene i sentimenti dell’amica.
“Coraggio” pensava stringendola e accarezzandole i capelli “ infondo… sei stata fortunata a non aver fatto in tempo a immaginare un futuro con lui…”
- 009, maledetto bugiardo! – urlava Jet in lacrime, inginocchiato nell’erba, mentre Chang gli teneva una mano sulla spalla, piangendo.

I giorni che seguirono furono quelli di una famiglia colpita da un lutto. Gli altri cercavano in qualche modo di tenere occupata la loro amica e di esserle vicino, particolarmente 004, che comprendeva i suoi sentimenti meglio di tutti; Francoise si sentiva quasi ingrata nei riguardi di Hilda, che aveva affrontato il suo stesso dolore completamente da sola, mentre lei, invece, si rendeva conto di essere circondata da persone che l’amavano; tuttavia, i loro sforzi sembravano vani; ormai ogni cosa in quel luogo le ricordava un episodio o una battuta del suo amore perduto. Più di tutto, le pesava sul cuore il fatto di avergli permesso di morire al posto suo…  Non aveva neppure una tomba sulla quale piangere: Bretagna si era dissolto nel nulla con l’esplosione del campo di forza, mentre il corpo di X4 giaceva frantumato al suolo dopo il rapido attacco di 004 e 006.
Era trascorso poco più di un mese quando, una mattina, qualcuno suonò inaspettatamente alla porta; Francoise andò ad aprire e rimase di sasso ritrovandosi davanti a Peter Bishop. C’era anche Walther, che, entrando per primo,  salutò la ragazza.
- Dottore, lei qui?-
- Si. Pensavo che fosse la cosa più giusta. Avvertivo il bisogno di trascorrere del tempo con voi. Io…mi sento parzialmente responsabile di quello che è successo…mi dispiace, mi dispiace tanto…-
Francoise non ne comprendeva la ragione, ma c’era qualcosa, in quell’uomo, che le ricordava Bretagna. Istintivamente si lasciò andare in un lungo pianto liberatorio, mentre Walther l’abbracciava, trattenendo le lacrime e cercando di consolarla come se fosse stato un padre. Peter pensò che avrebbe voluto essere lui ad accogliere quell’abbraccio…Quando la ragazza parve calmarsi, anche gli altri salutarono i visitatori e, dopo aver fatto quattro chiacchiere, accompagnarono il professore alla sua camera e tornarono alle loro occupazioni, lasciando l’amica da sola con Peter. In quel momento, trovandosi con lui, le venne in mente il litigio che aveva avuto con 009. Guardò Peter, che la fissava con uno sguardo dolce e malinconico e scosse la testa, per cacciare quell’insinuazione che Bretagna stesso le aveva messo nel cervello. “Stupido!” pensò “come puoi credere che io ti dimentichi così facilmente, che io abbia voglia di sostituirti con un altro?”
Peter non sapeva che ciò che passava in quel momento nella testa di Francoise era molto simile ai suoi pensieri, ma si guardò bene dal raccontarle non del discorso che gli aveva fatto Bretagna nei giorni precedenti la sua scomparsa.
“Te la affido…” sentiva quasi addosso il peso di quelle parole. Guardò gli occhi della ragazza: erano sempre meravigliosi, ma era come se la grande luce che vi brillava abitualmente si fosse affievolita; sembravano un cielo soffocato dalle nuvole. Distolse la mente da quei pensieri e ricordò di avere qualcosa di importante da consegnarle: sfilò una busta dalla tasca della giacca e gliela mise tra le mani. Francoise la guardò con aria interrogativa.
- Prima di venire qui sono passato con Walther dal centro dove lavori: speravo di trovarti là, ma mi hanno detto che è molto che non ti vedono…-
Infatti, si era presa un periodo di aspettativa dal lavoro, motivandolo con la perdita che aveva avuto; naturalmente non poteva raccontare come erano andate realmente le cose e aveva detto che Bretagna era morto in un incidente d’auto…non sapeva neppure se i ragazzi ne erano stati messi al corrente…
- E’ così: sento che, in questo momento, non riuscirei a dare niente a quei ragazzi…-
- Magari sono loro che potrebbero dare qualcosa a te! – lei lo guardò meravigliata e ricordò che 009 sosteneva di aver ricevuto da loro più di quanto avesse dato. Le labbra si incresparono in un sorriso amaro.
- …comunque – continuò Peter – un certo Luis mi ha dato questa per te: mi ha detto che sono le foto di chiusura dei laboratori. –
Appena conobbe il contenuto della busta, Francoise l’aprì con le mani che le tremavano: non aveva nulla di Bretagna, neanche una foto fatta insieme ed ora le arrivava quel regalo inaspettato. Estrasse la prima: era una foto di gruppo con tutti i ragazzi e gli operatori; loro due non erano neanche vicini; nella seconda c’erano solo gli insegnanti e i volti si vedevano meglio e in una terza, scattata casualmente, stavano bevendo un’aranciata con tutto il gruppo; poi ne estrasse un’altra in cui c’era lei che mimava un passo di danza insieme alle ragazze e si mise a ridere, perché Bretagna si era messo sullo sfondo a loro insaputa mimando lo stesso passo di danza! Nella successiva Bretagna era con tutti i ragazzi e avevano una faccia incredibilmente seria, ma passando a quella dopo, gli stessi facevano delle smorfie davvero comiche! Peter si sentì un poco rasserenato nel vedere la sua amica che, sia pure con gli occhi lucidi, rideva. L’ultima foto era un’immagine rubata presa da vicino, in cui lui l’attirava a sé baciandola sulle labbra. Francoise rimase in silenzio a guardarla per un tempo indefinibile, finchè la voce di Punma, entrato velocemente nella stanza, non la fece trasalire.
- Presto, venite a vedere! –
- Che è successo? –
- Un miracolo, direi! –
Entrarono in una stanza dall’altra parte della casa, dove, appostati davanti alla finestra ma ben nascosti dalla tenda, stavano Joe, Chang, Geronimo e Ivan.
- Ma che…? – fece Peter. Gli altri gli fecero cenno di tacere e di affacciarsi: giù in giardino, sotto il grande acero, Jet e Hilda stavano scambiandosi un lungo bacio passionale.
– Oh! – fece Francoise, meravigliata.
- Non riesco a crederci: hanno avuto un’illuminazione! – commentò Chang.
- …oppure è perché ogni volta che i Bishop vengono a trovarci succede sempre qualcosa! – disse Joe a Peter. In realtà era come se gli eventi recenti avessero spazzato via l’ultima difesa di Hilda: era come se portare sulle spalle anche il dolore di Francoise l’avesse resa bisognosa di dare una svolta alla sua vita. Si era scoperta fragile e, dentro la sua fragilità, quel nuovo sentimento aveva trovato il terreno fertile per sbocciare. Non che le cose fossero state semplici e lineari…quel pomeriggio si era sorpresa a confidare all’amico la pena che provava per Francoise e a lui era sfuggito un amaro commento: - Almeno loro hanno goduto pienamente del poco tempo che avevano a disposizione…-
La ragazza lo aveva fissato con gli occhi lucidi e si era definitivamente lasciata andare.
– Perdonami! Perdonami per quello che hai passato per causa mia! – lui, sorpreso, tentò subito di riportare la situazione alla normalità.
– Ma dai! Così non c’è gusto a punzecchiarti! –
- Sei…sei un cretino! Un perfetto deficiente! Non capisco come ho fatto a innamorarmi di te! –
- Che hai detto?! –
- Che sei un cretino! –
- No, dopo…-
- Che…mi sono innamorata di te…-
Jet l’aveva guardata inizialmente incredulo e non aveva potuto non farle la domanda che lo ossessionava:
- Quindi…Albert non c’è più? –
- No. Lui c’è sempre. Non andrà mai via. Ma, ora, sento che occupa nel mio cuore un posto diverso…-
- Lo ami sempre? – le aveva chiesto lui, con il viso amareggiato.
- Si, lo amo. Ma amo anche te. Ti amo…come si ama una persona viva! – lo aveva tirato a sé per il bavero della camicia e ora sembravano una sola cosa nascosti tra le fronde dell’albero.
Geronimo fu il primo a chiudere del tutto le tende.
- Forse è il caso che la smettiamo di essere indiscreti! – disse.
- Già – gli fece eco Joe – e poi, conoscendo Jet, non si sa mai che può accadere tra poco! – gli altri risero e anche Francoise, felice per l’amica.
Era vero: ogni volta che arrivavano i Bishop qualcosa cambiava. Sperò che  fosse così anche per lei, che avrebbe continuato a camminare sul filo sottile come la ballerina del circo, che avrebbe continuato a sorridere come Bretagna le aveva chiesto di fare prima di andare via.

 

 

© 16/09/ 2015

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